Franco Fontana: «Le mie foto? Le avevo già dentro di me. Tutto parte dal cuore e dalla testa»
«I corsi di fotografia? Non insegnano niente. La gente viene solo per mostrarmi le sue foto». Ma anche: «A vent’anni non si capisce nulla. Arrivati a novanta sarebbe giusto fare il giro, ricominciare». E per concludere: «Non fotografo più. Scatto con il telefonino, non ho più stimoli. La mia vita l’ho vissuta bene, sono uscito vivo dalla guerra. A cent’anni non voglio arrivarci, che sto qui a fare? Spero di andare a letto e non svegliarmi! Un sogno».
Franco Fontana si è sbottonato molto giovedì sera durante il talk al Museo di Santa Giulia che ha preceduto l’atteso firmacopie del catalogo «Franco Fontana. Colore», edito da Skira, organizzato in occasione dell’omonima mostra inserita nel «Brescia Photo Festival» (aperta fino al 28 luglio 2024 negli orari del museo). Cento e più le persone arrivate, a cui successivamente è stata offerta la visita gratuita alla mostra in orario serale.
Intervista diffusa
Quando era piccolo, suo fratello era laureato, lui era «il deficiente». Lavorò in un’azienda che imbottigliava vini. «E se non avessi fatto il fotografo probabilmente avrei espresso la creatività facendo lo scrittore». Al liceo amava la letteratura e la storia, in matematica aveva 2. Non ha studiato fotografia e la legge dei terzi alla base delle composizioni non la conosce nemmeno. Rispondendo alle domande del pubblico, come in una intervista diffusa, ha delineato la sua vita e la sua figura di fotografo creativo. «Quando ero militare c’era una fotografo con una Rolleiflex. Mi affascinava e iniziai anch’io a farlo. Inizialmente in bianco e nero; le prime volte che scattavo a colori ero solo io a farlo».
Oggi Franco Fontana ha 90 anni e parlando delle sue fotografie le definisce «foto di pensiero, perché sono fatte istintivamente. Quando le ho fatte le avevo già dentro di me. Uso la macchina fotografica, ma potrei usare altro. Tutto parte dal cuore e dalla testa. Io sono diventato il paesaggio e il paesaggio è entrato dentro di me, è stata una fusione», ha confermato.
E ha risposto anche a domande molto intime, come quella sulla sua religiosità e spiritualità. «Credo che la vita finisca e con lei anche noi. Pensate all’intelligenza e a ciò che ha costruito l’essere umano. Tutto ciò che di bello c’è stato, è stato fatto dall’uomo. Temo che andrò via e non avrò più niente, certo, e che useranno le mie foto nelle mostre più di quando ero vivo, ma che me ne fregherà?».
Ha anche un fotografo preferito. Mario Giacomelli: ci fece un libro (esaurito, perché tirato a 1000 copie). «Ci assomigliamo nella creatività, anche se era un tipo strano. Anche Gianni Berengo Gardin è un bravo fotografo, pur lasciandomi abbastanza indifferente con il suo stile documentaristico. Ma non voglio fare un elenco dei bravi e meno bravi, trova il tempo che trova. Ok, un ultimo nome: Fontana lo conoscete?»
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