Foreign fighter bresciano, l’accusa chiede 12 anni di carcere per Samir Bougana
«La persona offesa è affidabile, non ha motivi per mentire e deve essere considerata credibile quando dice che Samir Bougana era tra le persone che lo hanno torturato in carcere in Siria».
Con queste parole stamattina al tribunale di Brescia il pubblico ministero Erika Battaglia ha chiesto la condanna a 12 anni di carcere per Samir Bougana, 30enne nato a Gavardo e già condannato a 4 anni per associazione a delinquere finalizzata al terrorismo internazionale e per sequestro di persona pluriaggravato.
Un giovane siriano arrivato in Germania lo ha riconosciuto tra le persone che lo hanno torturato in un carcere siriano quando aveva 14 anni. «All’epoca dei fatti il reato di tortura non era previsto dall’ordinamento italiano – ha spiegato Battaglia – ma per la comunità interazionale era già previsto tra i crimini di guerra e contro l’umanità. Chiedo di tenerne conto nella determinazione della pena».
Per la difesa Samir Bougana non deve invece essere giudicato dalla magistratura italiana perché, proprio in seguito alla prima condanna, ha perso la cittadinanza italiana e la norma prevede che la persona che viene processata per fatti non commessi in Italia deve essere in possesso della cittadinanza nel momento in cui viene esercitata l’azione penale.
L’avvocato Arcadipane ha poi contestato anche le dichiarazioni della persona offesa: «Il ragazzo non è credibile perché in sei verbali ha detto sei cose diverse, il suo unico interesse era ottenere la cittadinanza tedesca per i suoi parenti che sono ancora in Siria. Ha riconosciuto Bougana perché lo ha visto nei video dell’arresto di un foreign fighter italiano». Rispetto alle minacce che i suoi parenti avrebbero ricevuto, per l’avvocato non si tratta di circostanze credibili «perché quando sarebbero avvenute Bougana era in carcere e il suo presunto ufficiale superiore morto da almeno due anni».
Non solo. Per la difesa «le fotografie non certificano neppure che la persona offesa avrebbe subito torture. Non ci sono prove che dica la verità. Ha ammesso che nessun documento lo prova».
In conclusione ha chiesto in primo luogo la non procedibilità per difetto di giurisdizione e in subordine l’assoluzione dell’imputato.
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