Fonderia Montini, riprende l’attività nel sito di Travagliato
![Alcuni «pezzi» realizzati nello stabilimento Montini di Travagliato - © www.giornaledibrescia.it](https://api.gdb.atexcloud.io/image-service/view/acePublic/alias/contentid/1h7lu6iyahbyjx1anjh/0/alcuni-pezzi-realizzati-nello-stabilimento-montini-di-travagliato.webp?f=16%3A9&w=826)
La Montini di Travagliato riapre i battenti. O meglio, ha già riaperto i battenti ieri, sulla scorta della sentenza del Tar di Brescia che martedì 11 febbraio ha sancito il parziale accoglimento del ricorso presentato dalla società della famiglia Regali (ha una fonderia anche a Roncadelle) a seguito del provvedimento di diffida emanato da Palazzo Broletto.
La vicenda
Lo scorso 17 dicembre negli uffici del settore Ambiente della Provincia arriva la relazione firmata dai tecnici del dipartimento di Brescia dell’Arpa, che durante l’ultima visita ispettiva evidenziano diverse violazioni delle prescrizioni contenute nella concessione rilasciata dal Broletto nell’aprile del 2019, tra cui alcuni problemi in merito all’annosa questione del vaso «Seriola Nuova di Chiari».
Il ricorso
La diffida impone il risanamento entro due giorni o lo stop dell’attività. Ed è proprio su questo che si concentra il ricorso al Tribunale amministrativo, che ritiene di accogliere parzialmente l’istanza della famiglia Regali definendo il termine temporale di due giorni «evidentemente irragionevole», ma confermando il resto del provvedimento. Per il presidente Angelo Gabbricci, dunque, la Montini Spa può riprendere l’attività dello stabilimento «per assolvere le commesse in corso, sino alla data dell’udienza camerale per la trattazione dell’istanza cautelare».
Ossia, sino al prossimo 12 marzo 2025, da atto pubblico, ma forse anche oltre, considerata la possibilità di chiedere una proroga che l’avvocato Simone D’Amico, dello studio D’Amico & Partners Advisory, non fa mistero di voler sfruttare. Il provvedimento del Tar fornisce ai vertici della società bresciana l’occasione per mettere sul piatto la loro versione della vicenda, che per i fratelli Alessandro e Stefano Regali prende le mosse innanzi tutto dalla «volontà di collaborare con le istituzioni restando aperti al dialogo».
Il piano
![Uno scorcio della fonderia Montini-Regali - © www.giornaledibrescia.it](https://api.gdb.atexcloud.io/image-service/view/acePublic/alias/contentid/18pcjts1xhzerjx2z3o/1/uno-scorcio-della-fonderia-montini-regali.webp?f=16%3A9&w=800)
«Abbiamo tutta l’intenzione di sistemare e migliorare le cose, ma il lavoro deve essere preservato – spiegano i fratelli Regali –: il termine di due giorni era evidentemente irragionevole». Poi gettano acqua sul fuoco e continuano. «Vogliamo dire che, delle 36 infrazioni segnalate dall’Arpa, la maggior parte riguardavano piccole cose come un cartello non affisso o un provvedimento non aggiornato. Anche per la presunta “discarica” individuata nel piazzale dell’azienda vale lo stesso discorso – affondano –: non potevamo smaltire il materiale di rifiuto, che peraltro era costituito da avanzi di lavorazioni di ghisa e non da scorie radioattive, perché l’azienda, essendo in concordato, era congelata. Una delle ratio a monte della riorganizzazione societaria è stata proprio questa: affittando il ramo d’azienda, le due newco potranno lavorare mentre la Montini spa andrà avanti con il suo percorso».
La holding
Poche settimane fa, infatti, le quote societarie della Montini sono state conferite nella holding Regali Group srl, che controlla le due newco Fonderie Montini Srl, amministrata da Alessandro Regali, e Fonderie Regali srl, amministrata dal fratello Stefano: tutta la forza lavoro, di circa 120 dipendenti, è stata traghettata e preservata.
«Oltre alla ragione procedurale, abbiamo voluto cambiare l’assetto societario per spacchettare il business delle due fonderie, essendo una concentrata sulla produzione dei sistemi di copertura per il mondo dell’infrastruttura e l’altra sulla meccanica per il comparto automotive, settore in difficoltà che ci sta portando ad allargarci anche all’agricoltura e all’oleodinamica». Quanto al vulnus del vaso inquinato, interviene il responsabile della sicurezza, l’ingegner Francesco Guerrini: «Faremo ricorso, e avremmo dovuto farlo già da tempo visto che i parametri che ci sono stati forniti dall’Arpa sono parametri civili e non per un sito industriale».
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