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Finchimica, l’inquinamento ha sconfinato oltre la fabbrica

Dall’Arpa nuove analisi a tappeto per capire fino a che distanza si estende oggi la contaminazione
La Finchimica di Manerbio
La Finchimica di Manerbio
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Un rosario di parametri fuori legge. E non di poco: «in modo significativo», per usare le parole impresse sulla nota a margine che descrive l’esito dei campionamenti. Sul caso Finchimica si riparte da un punto fermo (e non è una buona notizia): l’inquinamento ha viaggiato oltre i confini della fabbrica, sconfinando. Di quanto? Per ora la certezza è che sia arrivato almeno a 500 metri di distanza, ma per capire quale sia l’estensione massima bisogna posizionare, all’esterno del polo industriale, altri piezometri (ossia dei pozzi dai quali effettuare i prelievi per i campionamenti) ed effettuare ulteriori analisi.

Falda superficiale

A mettersi al lavoro attorno alla fabbrica di Manerbio, il 20 dicembre, è stato il team del dipartimento dell’Arpa di Brescia. Sotto lo scanner è finita l’acqua che scorre nella falda superficiale, sulla quale i tecnici hanno effettuato una serie di campionamenti, sia all’esterno sia a valle rispetto al sito Finchimica. L’obiettivo era già stato chiarito dal direttore generale dell’Arpa Lombardia durante il Consiglio comunale di inizio novembre: integrare il prima possibile il piano di caratterizzazione, così da «agire il più in fretta possibile». Quel che è emerso è quel che i professionisti dell’Agenzia temevano: le analisi chimiche effettuate sui campioni prelevati nei sei piezometri «hanno accertato il superamento dei limiti di legge» (le cosiddette Concentrazioni soglia di contaminazione) per i parametri manganese, tetracloroetilene, dicloropropano, tricloropropano, cloroformio.

Non solo. L’Istituto superiore di sanità ha indicato i valori limite anche per le sostanze che, nella normativa vigente, ne sono rimaste «orfane». E l’epilogo è altrettanto sconfortante: i superi riguardano infatti anche clorobenzotrifluoruro e diclorobenzotrifluoruro. In aggiunta, le analisi hanno evidenziato in tre piezometri (il più distante piazzato, appunto, a circa 500 metri) la presenza di sostanze riconducibili al ciclo produttivo della Finchimica: si tratta di triclorobenzotrifluoruro, dicloro-para-trifluorometilanilina, dell’erbicida Ethalfluralin e Spirochetal. Sostanze, queste ultime, per le quali non esistono però limiti di legge.

A seguito di questo epilogo, l’Agenzia regionale ha già chiesto la realizzazione di altri piezometri all’esterno del sito industriale, così da riuscire a conoscere e a perimetrare l’estensione massima della contaminazione riscontrata nella falda superficiale.

La vicenda

L’unica buona notizia è che «per il momento, in base ai dati attualmente disponibili, le acque profonde non risultano contaminate».

Ma qual era il quadro di partenza? Per capirlo bisogna riavvolgere il nastro a ottobre 2021, quando è stata condotta la visita ispettiva dei tecnici dell’Arpa. Da quei campionamenti è emerso il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione nelle acque superficiali (tradotto: non nella falda sotterranea, da cui «pescano» i pozzi) per i parametri relativi a solventi e pesticidi. In particolare a risultare fuori norma sono nitriti, fluoruri, manganese, triclorometano, dicloroetano, bromodiclorometano, dibromoclorometano e dicloropropano. A questi si aggiungono i superamenti dei limiti individuati dall’Istituto superiore di sanità per trifluralin e pendimethalin. La falda superficiale è inquinata «da sostanze tipiche della produzione di Finchimica»: di qui la richiesta di realizzare i piezometri esterni «per verificare l’eventuale migrazione a valle e predisporre un piano di monitoraggio». Per quanto riguarda invece le acque sotterranee, l’Arpa ha proposto la realizzazione di ulteriori quattro punti di prelievo «per un campionamento più capillare della falda superficiale».

A fronte di questi primi esiti, l’azienda aveva già messo a dimora a novembre un impianto di sicurezza: sono in azione cinque pompe che vanno in falda, tirano fuori l’acqua, la depurano e la scaricano nel canale Moloncello, con una capacità di estrazione di 5 metri cubi all’ora. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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