Don Marco Mori: «Francesco ci ha insegnato l’arte del perdonare»

Anche don Marco Mori, parroco di San Polo dal 2020 e profondo conoscitore del mondo giovanile bresciano, ha voluto ricordato papa Francesco in questa lettera, che pubblichiamo integralmente. Il Pontefice lo avevo nominato «Missionario della Misericordia».
Ecco il testo.
Con tutta onestà, a Papa Francesco devo chiedere scusa. Mi arrivò improvviso l’invito: vuoi diventare Missionario della Misericordia? Il Papa si era inventato, nel Giubileo della Misericordia, di dare le sue stesse facoltà di assoluzione dai peccati a qualche altro prete sparso nel mondo (siamo poco più di un migliaio), chiamandoci, appunto, Missionari della Misericordia. Sapevo benissimo che l’invito non mi era arrivato per meriti personali (chi potrebbe, per altro, sentirsi degno di una missione del genere?), ma per il fatto che, con un gruppo di altri sacerdoti, avevamo lavorato per costruire uno degli appuntamenti riservato ai ragazzi durante il Giubileo.
Ho detto di sì, non senza aver prima consultato i miei adolescenti di San Polo perché, si sa, i ragazzi hanno un grandissimo fiuto per le cose serie. L’ho raccontata loro così: il Papa mi dà i superpoteri per assolvere da tutti i peccati, ma proprio tutti, voi cosa dite? Devo accettare? La riposta arrivò diretta: «Se sei amico del Papa digli di sì, così portiamo a casa qualcosa (w la sincerità!); noi non avremmo la forza di perdonare tutto, però ad ogni persona va data una possibilità in più e quando uno è schiacciato da un peso enorme soltanto qualcun altro glielo può togliere. Quindi sì, devi dire di sì!«.
Dissi di sì, dunque, più convinto dai miei adolescenti che dal Papa. Perché il mio non era un sì proprio pieno, con fede certa, ma un po’ più sullo stile di San Tommaso. Ero curioso di toccare con mano se la Misericordia fosse davvero così utile ad un’anima o non piuttosto il rifugio nel quale giustificare con troppa disinvoltura i peccati e la debolezza che ciascuno porta con sé. Mi chiedevo: davvero la Misericordia può cambiare una persona? Può essere il volto corretto di Dio? Non c’è più bisogno di forza, di coerenza, di verità?

Oggi posso dire, con molta chiarezza, che fare il Missionario della Misericordia mi ha reso prete per davvero, in modo più completo e concreto. Perché sono stato costretto a non discutere su Dio, sulla sua capacità di perdonare, ma ho dovuto solo farlo in suo nome, toccando con mano che solo se ci si sente perdonati si può dare il meglio di sé, si può essere uomini e donne consapevoli e maturi, si può pensare ad una società giusta e capace di inclusività reale e non solo di facciata.
Quindi la Misericordia di Dio è una cura profonda per gli uomini d’oggi. Ci vede lontano e fa vedere lontano, verso il futuro, permettendo di sperimentare che la verità di una vita non è decisa dagli sbagli, anche seriali, ma dal volerne uscire e dal continuare a ricostruire il possibile. La Misericordia rivela per davvero ciò che conta della vita, delle relazioni, del futuro. Non è un dono che passa solo una volta, per quelli capaci e intelligenti di cogliere al volo l’unico treno in transito nella stazione dell’esistenza, ma continua a bussare al cuore delle persone, svelando, per chi lo vuole cogliere, il vero e il bello che c’è nel profondo di ognuno. La Misericordia, in realtà, non è molle, ma è esigente: infatti, non può raggiungere te senza di te, senza farti cambiare almeno un pochino, passo dopo passo, impegno dopo impegno, dono dopo dono.
Infine, ho capito quanto la Misericordia sia più efficace di qualsiasi altro cammino: permette una comunione umana e di fede sincera sulla nostra vita e sulle nostre capacità. Tutti abbiamo bisogno di Misericordia, nessuno escluso, tutti ci sentiamo a casa con la Misericordia, perché sentirsi amati è la posizione adeguata e vitale per dare il meglio di sé, con coerenza e responsabilità.
«Perdonate tutto! Tutto! Tutto!». Così ci disse il Papa il giorno in cui ci creò Missionari della Misericordia, con una forza penetrante e illuminante come poche volte l’ho sentito. E aveva ragione. Commosso, ringrazio per questo dono che mi ha svelato il cuore della vita di più di qualsiasi altro ministero.
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