La lunga vicenda del depuratore del Garda, dall’inizio
Il progetto definitivo per l’impianto di Montichiari dovrebbe essere pronto a fine estate. Una svolta nella vicenda del depuratore del Garda, che da vent’anni interessa soprattutto gli abitanti dei paesi dislocati sul fiume Chiese, il corso che accoglierà i reflui del Benaco.
Si entra così nell’ultima parte di una lunga storia, che ricostruiamo dall’inizio in questo articolo.
Qual è la situazione attuale
Il collettore del lago di Garda – la struttura idraulica fognaria utile per raccogliere i reflui dei comuni sulle sponde del bacino idrico – è nato negli anni Settanta e dal decennio successivo trasporta le acque nere fino al depuratore di Peschiera, tuttora attivo. L’impianto attuale tratta le acque reflue urbane della sponda bresciana e di quella veronese, scaricandole – una volta trattate – nel canale Seriola, che si immette nel fiume Mincio. Una scelta da sempre osteggiata dalla popolazione mantovana per via del forte impatto generato sulle acque del Mincio.
Il collettore e il depuratore di Peschiera sono però ormai inadatti. «L’infrastruttura è giunta alla fine della propria vita tecnica e presenta diverse criticità idrauliche, ambientali e strutturali che ne rendono necessari la riqualificazione e il potenziamento per la salvaguardia ecologica e socio-economica dell’area benacense per le generazioni future», si legge – in merito al collettore – sul sito dell’Azienda gardesana servizi; l’impianto di Peschiera, inoltre, è sottodimensionato, perché gestisce 330mila abitanti equivalenti, contro un'esigenza che supera abbondantemente il mezzo milione. (Abitante equivalente è un’unità di misura utilizzata nell'ambito della depurazione delle acque e corrisponde a 200 litri di reflui al giorno).
I primi progetti
Nel 2007 gli ingegneri Carlo Ciaponi e Carlo Collivignarelli produssero uno studio che evidenziava i limiti del depuratore di Peschiera, ipotizzandone un altro a Lonato, dove far confluire tutti i reflui dei comuni della sponda bresciana. Sulla scia di questa possibilità, la società pubblica Garda uno redasse tre diversi progetti: un nuovo depuratore unico a Peschiera; un impianto a Visano per tutti i comuni gardesani bresciani; un depuratore a Visano per i comuni gardesani, tranne Desenzano e Sirmione, che sarebbero dovuti rimanere collegati a Peschiera.
La terza soluzione fu quella più attraente e diede il la a un progetto preliminare approvato dall’Ato (Ambito Territoriale Ottimale). Il progetto finì – mentre sulla sponda veronese l’Azienda gardesana servizi ne produceva un altro – al centro di un accordo di programma tra ministero dell’Ambiente, Regione Lombardia, Regione Veneto e gli ambiti territoriali di Brescia e Verona.
Il Governo decise di partecipare alla realizzazione del nuovo depuratore finanziando 100 milioni di euro. Nel novembre del 2016 venne pubblicata in Gazzetta Ufficiale la delibera del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile), che accolse il piano del ministero dell’Ambiente relativo al Fondo di sviluppo e coesione territoriale 2014/2020, prevedendo di concedere un cofinanziamento di 80/100 milioni per la depurazione della più grande riserva d’acqua del Paese: i fondi arrivarono poi nel luglio del 2017.
Lo stallo e la svolta
Il sentiero sembrava tracciato, ma la realizzazione dell’opera subì in realtà una brusca frenata, principalmente perché iniziò una lunga discussione sul luogo in cui realizzare l’opera. Fin da subito, infatti, le istituzioni e la popolazione di Visano protestarono per la scelta di collocare l’impianto sul loro territorio, e il supporto arrivò anche dai centri vicini (Acquafredda, Remedello, Asola, Casalmoro, Canneto sull’Oglio, Acquanegra sul Chiese).
Alla fine del 2018 Garda uno entrò a far parte di Acque bresciane, il gestore unico del servizio idrico integrato in tantissimi Comuni bresciani, che nel corso del 2018 congelò il progetto Visano – nel frattempo prese forma l’ipotesi di un impianto a Lonato, con conseguenti proteste degli esponenti politici locali – e commissionò all’Università di Brescia diverse possibili soluzioni.
Sul piatto, al tempo, c’erano queste opzioni:
- Peschiera (impianto unico potenziato);
- Peschiera e Lonato;
- Peschiera e Montichiari;
- Peschiera e Visano;
- Peschiera, Gavardo e Montichiari;
- Peschiera, Muscoline e Montichiari.
I risultati dello studio svolto dall’ateneo portarono Acque bresciane a scegliere l’ultima opzione. Il progetto prevedeva che Desenzano e Sirmione restassero collegati a Peschiera (attraverso un sistema potenziato), mentre i centri dell’Alto Garda (da Tignale a Manerba) venissero collegati a un nuovo impianto da 100mila abitanti equivalenti da costruire a Muscoline o Gavardo; infine per i centri del Basso Garda era prevista la costruzione di un nuovo depuratore a Montichiari da 140mila abitanti equivalenti. Un investimento totale di 230 milioni di euro, 100 dei quali finanziati dal Governo.
Perché la scelta di due comuni che con il Garda non c’entrano nulla? Perché il progetto prevedeva che le fognature del Benaco venissero scaricate nel Chiese o nel Naviglio Grande. L’acqua in uscita dall’impianto sarebbe, infatti, carica di fosforo: l’idea di Acque Bresciane prevedeva di evitare un passaggio nel Garda, già troppo ricco di nutrienti e con tempi di ricircolo completo dell’acqua pari a venticinque anni. Ci sarebbero dunque due vantaggi: uno dal punto di vista ambientale e uno da quello agricolo. Lo scarico di 250 litri d’acqua al secondo nel Chiese o nel Naviglio Grande potrebbe infatti essere utile per le attività agricole.
Le prime proteste
L’approvazione del progetto definitivo nel 2018 da parte dell’Ato confermò la scelta di Gavardo e Montichiari come sedi per costruire gli impianti, scatenando però anche le prime significative proteste.
Nel 2020 la Provincia approvò la mozione Sarnico, un documento che stabiliva la realizzazione dei depuratori nei territori serviti dagli stessi. Tornò così alla ribalta l’ipotesi Lonato (sempre con scarico nel Chiese), con annesse proteste dei cittadini del comune del Garda e dei vicini mantovani.
Le dimostrazioni di dissenso continuarono e nel giugno del 2021 il Consiglio dei ministri nominò l’allora prefetto Attilio Visconti come Commissario straordinario dell’opera, accogliendo la richiesta che era stata indirizzata al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani da Mariastella Gelmini, ministra per gli Affari regionali nonché presidente della Comunità del Garda, Giovanni Dal Cero, presidente di Ats Garda ambiente, e Roberto Tardani, sindaco di Lonato.
La questione si infiamma
Il 9 agosto del 2021 varie associazioni ambientaliste (il tavolo provinciale Basta Veleni, il comitato Acqua Pubblica Brescia, l’associazione Mamme del Chiese, la Federazione delle associazioni che amano il lago d’Idro e il suo fiume Chiese, Comitato Ambiente e Territorio del Basso Garda) hanno dato vita al Presidio 9 agosto, che per quasi tre anni ha occupato un’area di piazza Paolo VI, sotto il Broletto, per protestare contro il depuratore.
Nel frattempo i sindaci dei comuni di Montichiari, Gavardo, Muscoline e Prevalle decisero di fare ricorso al Tar per impugnare la scelta del commissario (trasmessa al ministero dell’Ambiente) di Gavardo-Montichiari quale «soluzione migliore dal punto di vista tecnico e ambientale». La speranza era di tornare all’ipotesi di Lonato. Al ricorso si unì poi anche la provincia di Brescia.
ll presidio riuscì a portare il depuratore del Garda in commissione Ambiente alla Camera dei Deputati e il doppio impianto di Gavardo e Montichiari incassò anche il parere negativo della Commissione Europea. La decisione spettò però al ministro della Transizione ecologica Cingolani, che decise di proseguire con il progetto Gavardo-Montichiari, scelta confermata anche dalla prefetta che lo sostituì, Maria Rosa Laganà.
C’è anche una falsa mail...
Il 28 ottobre 2021 alcuni parlamentari, consiglieri regionali, e chi è coinvolto nella vicenda-depuratore ricevettero una mail anonima. Il mittente era «Attilio Visconti» e nel testo solo tre parole: «leggere ascoltare attentamente». A spedire la mail, non firmata, non fu però l’ex prefetto di Brescia. In allegato un pdf, che ripercorreva il progetto del Garda, e un audio di 3 minuti e 39 secondi: un messaggio di Giorgio Bertanza, docente dell’Università degli Studi di Brescia incaricato di effettuare degli studi comparativi sui progetti, diretto a Stefano Simeone, capo di gabinetto di Visconti.
Nel file audio il docente fece alcune valutazioni sul depuratore. La mail si concentrò su un passaggio, in cui il professore «suggerisce di non rendere pubblica la voce dei costi aggiuntivi che Acque Bresciane non ha conteggiato, in quanto si rischia di svilire, di minare la veridicità di tutto lo studio»: una nota che finisce per errore in una chat WhatsApp in cui sono presenti circa 250 persone, sindaci bresciani compresi.
Il messaggio viene utilizzato per accusare Bertanza, Acque Bresciane e la Prefettura di imparzialità e inaccuratezza delle valutazioni. Dalla sua il presidio prende le distanze dalla mail in quanto «fasulla, ma fa comunque emergere una situazione molto torbida» e su cui viene richiesta al più presto una spiegazione.
Gli ultimi due anni
Dalla decisione della prefetta Laganà di proseguire con il progetto «Montichiari-Gavardo» è iniziata una telenovela che negli ultimi due anni ha coinvolto associazioni ambientaliste, la Provincia di Brescia e altri vari livelli istituzionali. Sono stati fatti studi sui progetti e prese in considerazione altre ipotesi. Più volte è stata chiesta, da alcune forze politiche e dal Presidio 9 agosto, l’abolizione della figura del Commissario straordinario.
In tutto ciò non si sono placate le proteste dei sindaci interessati dalla due opere: due degli attori principali di tutta la vicenda. E in Broletto il consigliere Marco Apostoli ha condotto una battaglia per rivedere i progetti.
A complicare ulteriormente la questione nel marzo del 2023 arrivarono anche le dimissioni di Gianluca Delbarba, il presidente del consiglio d’amministrazione della società.
Sempre nel corso del 2023 la prefetta Maria Rosa Laganà, Commissario straordinario dell’opera, invitò il presidente di Acque bresciane a procedere con un bando al fine di partire con il progetto, ma anche in quel caso ci furono complicazioni: il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, ricevendo a Roma alcuni esponenti politici bresciani e i rappresentanti del Presidio 9 agosto, si è impegnò a convocare le Regioni Lombardia e Veneto e la Provincia autonoma di Trento per trovare una soluzione condivisa e uscire dall’impasse.
La questione – con un ultimo anno comunque turbolento – sembra essere adesso arrivata alla fine, o almeno al principio della fine, con la consegna del progetto definitivo da parte di Acque Bresciane alla prefetta Laganà che avverrà entro l’estate.
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