Da Gaza all’Ucraina le guerre sono sempre più estreme
«Il 7 ottobre ha reso dicibili in Israele cose che prima erano indicibili e impensabili»: così la giornalista Francesca Mannocchi, di ritorno dal suo ottavo viaggio in Israele dall’inizio della recrudescenza del conflitto israeliano-palestinese, ospite ieri in Castello in un talk a tema geopolitica nell’ambito della rassegna We Love Castello, moderato dal direttore del Giornale di Brescia Nunzia Vallini. Con lei Cecilia Sala, classe 1995, anch’essa con esperienze da inviata di guerra e autrice di podcast da zone in crisi.
Per capire quanto sta accadendo in Terra Santa, dice Mannocchi, bisogna guardare al mutamento in corso nella società israeliana: «Frasi come “Ammazziamoli tutti” o “I bambini di oggi sono i terroristi di domani” prima erano impensabili, o almeno indicibili in pubblico. È importante anche guardare le biografie degli esponenti del governo di Benjamin Netanyahu».
A fare la voce grossa sono i due esponenti dell’estrema destra israeliana Itamar Ben-Gvir, ministro della Sicurezza, e Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze: «Sono votati dai coloni, però alle ultime elezioni hanno preso l’8% - dice Sala -. Condizionano così tanto la politica israeliana perché Netanyahu ha bisogno di questi numeri per governare: hanno un potere di ricatto fortissimo. Il loro scopo non è quello di catturare i colpevoli del 7 ottobre, ma punire Gaza».
Palestinesi e israeliani, ricorda il direttore Vallini, sembrano «due argini che si allontanano in continuazione» a ogni nuova violenza. Come se ne esce? «Tornare indietro è complicato», dice Mannocchi, che segnala però il cambiamento di toni, in senso critico, del governo Usa: «È vero che gli Usa continuano a reiterare aiuti militari, ma in questi mesi hanno inaugurato toni e decisioni inedite nella relazione bilaterale con l’amministrazione di Israele».
Anche l’altro fronte, quello ucraino, è stato visitato da entrambe le giornaliste. «Ci siamo un po’ distratti e “annoiati” rispetto a questa guerra - ricorda Sala -. Anche lì c’è un’occupazione illegale di alcuni territori e iniziano ad esserci fenomeni che pensavamo prevalentemente mediorientali: attentati suicidi a soldati russi nei territori occupati o espropri degli ucraini dalle loro case per far posto a russi».
Un punto su cui si è detta d’accordo Mannocchi: «Vedo nella società ucraina i semi di altre guerre che ho visto: quando sei invaso e vedi minacciata la tua identità il tuo modo di difenderti è rivendicare quell’identità, e la conseguenza è il nazionalismo estremo. È vero che ci sono estremisti nazionalisti in Ucraina, ma perché per decenni l’identità degli ucraini è stata repressa».
Sia Sala che Mannocchi sono giornaliste abili nel comunicare con i nuovi media, ma possono questi mezzi istituire la complessità della geopolitica a un pubblico che pare sempre più disattento?
«Non credo che la superficialità o la profondità siano legati a un media particolare - sottolinea infine Cecilia Sala -. Sicuramente oggi le persone non hanno un momento codificato in cui si informano, vogliono potersi informare all’ora che decidono. È però importante non tralasciare i dettagli: a volte per raccontarlo basta un articolo o la puntata di un podcast, se si vuole cercare qualcosa che sia rivelatore. La conta dei morti rischia di assuefarci, i dettagli fanno invece empatizzare con i contesti».
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