Da cantiniere a olivicoltore: così si realizza il sogno di Diego Turelli

Flavio Archetti
Dopo anni, nel 2022 il grande passo professionale e oggi la Ruina di Sale Marasino è stata trasformata in un’azienda agricola,
Diego Turelli e Igor Facchetti a La Ruina di Sale Marasino - © www.giornaledibrescia.it
Diego Turelli e Igor Facchetti a La Ruina di Sale Marasino - © www.giornaledibrescia.it
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Fare dell'olivicoltura e della produzione e vendita dell'olio d'oliva «dop» la propria professione è il sogno di molti agricoltori e appassionati di coltivazioni. Riuscire nell'intento però non è facile. Per ideare, progettare e concretizzare l'impresa servono risorse, capacità, conoscenza della materia, passione e tanta determinazione. Tutte doti che non fanno difetto a Diego Turelli, tecnico agrario diplomato all'istituto Pastori alla fine degli anni Novanta che fino a un paio d’anni fa lavorava in una cantina del Franciacorta e si occupava di vino.

Dopo anni a rifletterci, «era il mio sogno fin dai banchi di scuola», nel 2022 Diego ha compiuto il grande passo professionale e oggi la Ruina è stata trasformata in un’azienda agricola, sede di lavoro a tempo pieno.

Mestiere di famiglia

Quello dell'olivicoltore è un mestiere scritto nei geni della famiglia Turelli e di veri stravolgimenti non ce ne sono stati. A cambiare rispetto agli anni da semplice appassionato è il numero di piante e uliveti gestiti, passati da un unico campo storico di famiglia di 150 ulivi a Maspiano - lavorato negli ultimi decenni prima da nonno Paolo e poi da papà Gaetano - ai circa tre ettari con 700 ulivi di oggi, distribuiti tra Montisola (250 piante) e la località Piazze di Sale Marasino. La novità è la messa a dimora di un nuovo uliveto di 280 ulivi sul Monte Netto, a Poncarale, il primo esperimento olivicolo sulla collina bassaiola che ospita anche un parco regionale.

I tipi di piante da cui in Ruina si ricava l'olio «dop» del Sebino sono le varietà Leccino, Frantoio, Sbresa, Pendolino e Casaliva, a cui sono state aggiunte il Leccio del corno e la Diana, tipologie toscane più resistenti a siccità e alla mosca olearia.

A sostenere Diego nel suo lavoro è principalmente il socio Igor Facchetti, compagno di scuola, ma una bella mano arriva anche dalla moglie Stefania, dal fratello Claudio e dalla piccole Maria Vittoria e Benedetta. Mentre si sta preparando la raccolta 2024, al via oggi, il progetto sta anche continuando a evolversi. Per il futuro Diego sta già investendo sull'ampliamento dell’uliveto, che passerà a cinque ettari, e al ripristino della cultivar Pomera, un ulivo autoctono.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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