Covid, cosa resta della pandemia cinque anni dopo

Il 24 febbraio 2020 «inizia» la pandemia nel Bresciano, il 27 dicembre 2020 arriva invece il primo vaccino: metà dei bresciani contagiata, oltre 5.600 i morti
Il Covid nei ricordi dei più giovani
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Gli anni che sconvolsero il mondo. Il 2020 e il 2021 passeranno alla storia come gli anni terribili del coronavirus: dall’ecatombe dei primi spietati mesi fino alla vittoria dei vaccini, perché è grazie alla scienza se l’Oms ha potuto dichiarare la fine dell’emergenza.

Quando il 30 gennaio 2020 l’Oms dichiarò l’emergenza globale piombammo nell’angoscia, nella paura, le fitte tenebre della pandemia iniziarono ad addensarsi attorno alle nostre case, lo scorrere del nostro tempo è stato completamente stravolto. Come ha detto papa Francesco, in una piazza San Pietro bagnata da una leggera pioggerella a rendere l’atmosfera ancora più cupa, «ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa». E così «ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda».

Ifatti

Due infermiere nel reparto di Terapia intensiva dell'ospedale Civile di Brescia © www.giornaledibrescia.it
Due infermiere nel reparto di Terapia intensiva dell'ospedale Civile di Brescia © www.giornaledibrescia.it

Per i bresciani l’inizio della pandemia porta la data del 24 febbraio 2020, esattamente cinque anni fa. Il primo contagiato, quel lunedì, è un cinquantenne di Pontevico:viene ricoverato a Manerbio, il giorno dopo a risultare positiva è una ginecologa in servizio nello stesso ospedale. La prima vittima arriva sabato 29 febbraio. Cigole piange un 86enne: il virus infierisce sull’età e sulle patologie pregresse. Il primo marzo muore un 91enne di Orzinuovi. Gli anziani con problemi di salute sono i bersagli preferiti del Covid, che in poche settimane fa strage, dentro e fuori le Case di riposo. Orzinuovi, insieme a Montirone, diventa il paese martire: a marzo si contano centoventi morti. Ogni mattina sul tabellone davanti al municipio orceano si sovrappongono gli annunci mortuari. Il contagio si allarga sempre più velocemente, e con lui quella che è una vera e propria strage. Brescia è (con Bergamo) tra le città più colpite d’Italia.

I numeri parlano chiaro, e fotografano la tragedia nel suo devastante impatto; da inizio pandemia i contagiati bresciani sono stati oltre 524mila (quindi circa la metà), un numero altissimo quello dei morti: i decessi sono stati ben 5.677. Appunto una tragedia senza precedenti. Con il tempo abbiamo scoperto che i numeri dei decessi ufficiali per Covid sono lontani dalla realtà; l’analisi statistica della mortalità di quegli anni ci dirà che il dato reale delle croci nel Bresciano, per la pandemia, è di almeno il doppio. I numeri precisi non li sapremo mai, ma in fondo poco conta: non cambierebbero nulla di quanto è già scolpito nella memoria di tutti noi.

La speranza

Il 27 dicembre 2020 il primo vaccino nel Bresciano, un’infermiera. Poi pian piano, vaccino dopo vaccino, ecco la luce in fondo al tunnel. Ma un segno profondo è rimasto inciso nella memoria collettiva. Le sirene delle ambulanze, le bare accatastate in chiese e cimiteri, e il silenzio irreale delle città deserte del primo lockdown.

Il vescovo Tremolada benedice le bare dei morti per Covid, nella primavera del 2020 -Foto © www.giornaledibrescia.it
Il vescovo Tremolada benedice le bare dei morti per Covid, nella primavera del 2020 -Foto © www.giornaledibrescia.it

Suoni e immagini, cifra di anni che mai avremmo pensato di vivere, che mai avremmo voluto vivere. Ma in quei giorni abbiamo vissuto esperienze incredibili anche sul fronte del bene. La comunità bresciana ha infatti reso possibile quella straordinaria macchina di solidarietà che è stata AiutiAMObrescia. L’iniziativa è stata promossa dal Giornale di Brescia e dalla Fondazione della Comunità Bresciana ed ha coinvolto oltre 58.000 donatori, cittadini e aziende bresciane, che hanno permesso di raccogliere in poche settimane la somma di oltre 18 milioni di euro.

Il denaro a disposizione è stato utilizzato per rispondere ai bisogni degli ospedali (con mascherine e respiratori), poi delle realtà socio-sanitarie, delle associazioni di trasporto sanitario e dei medici di medicina generale, fino a rendere possibile la creazione di centri di vaccinazione, con procedure molto più snelle e veloci di quelle istituzionali e con un’attenzione a tutto il territorio. La luce della speranza. 

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