Corpus Domini, «sacrificio significa dedizione gratuita per il bene altrui»

Il vescovo Tremolada: «Significato frainteso, si basa su responsabilità, generosità e coraggio»
  • La processione del Corpus Domini
    La processione del Corpus Domini - Foto Marco Ortogni Neg © www.giornaledibrescia.it
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    La processione del Corpus Domini - Foto Marco Ortogni Neg © www.giornaledibrescia.it
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Sacrificio evoca nella mente qualcosa di spiacevole, spesso fatto controvoglia. Ma alla luce della Parola di Dio, ha spiegato il vescovo durante l’omelia per il Corpus Domini, «il sacrificio ci si presenta in tutta la sua nobile grandezza», perché «in realtà lo si è a volte frainteso, lo si è contrapposto alla gioia di vivere, all’esuberanza propria della persona, all’appagamento che cerca il cuore. Si è fatto del sacrificio un nemico della felicità».

L’origine

La solennità del Corpus Domini richiama la presenza reale di Cristo nell’eucarestia; una solennità da sempre molto sentita, con grande partecipazione di fedeli alla tradizionale processione. Nonostante il maltempo particolarmente intenso di ieri sera, mons. Pierantonio Tremolada ha guidato il corteo religioso dalla chiesa di Santa Maria in Calchera (dove ha celebrato la messa) fino al duomo, dove ha pronunciato la sua riflessione.

La festa del Corpus Domini entra nella vita della Chiesa (l’11 agosto 1264) con la bolla Transiturus di papa Urbano IV. Risale all’anno prima il miracolo eucaristico di Bolsena. Un sacerdote boemo, in pellegrinaggio verso Roma, mentre celebrava messa, allo spezzare l’ostia consacrata, fu attraversato dal dubbio della presenza reale di Cristo. In risposta alle sue perplessità, dall’ostia uscirono allora alcune gocce di sangue che macchiarono il bianco corporale di lino (conservato nel duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare.

«Il sacrificio - ha proseguito il vescovo - conferisce la giusta forma al più grande desiderio che la persona coltiva: quello di condurre la vita nella sua pienezza. Il vero desiderio non coincide con l’istinto del momento, con la voglia capricciosa o con la gratificazione passeggera». Il sacrificio «è dedizione intenzionale al bene altrui, accompagnata dalla consapevole rinuncia agli interessi propri, fino al limite estremo dell’offerta della propria vita». Con l’espressione «fare sacrifici», ha proseguito mons. Tremolada, «si intende dire che si accetta il sacrificio come realtà che risponde alla verità delle cose. Non rendiamo forse merito ai genitori per i sacrifici che sostengono a favore dei loro figli?». È il sacrificarsi per le persone amate, che «mette in gioco non solo singoli atti, ma tutta la persona e la sua intera vita»

Le vittime della Strage

Ovviamente ci sono varie gradazioni del sacrificio, «una progressione che trova riscontro nell’esperienza stessa della vita». Il vescovo ha quindi ricordato chi ha sacrificato la propria vita, come le vittime della Strage di piazza Loggia avvenuta cinquant’anni fa, era il 28 maggio 1974, «vittime innocenti di una violenza cieca che ha colpito in modo indiscriminato».

«Anche il loro fu un sacrificio che merita insieme il nostro affettuoso cordoglio e la nostra più alta considerazione - ha detto il pastore della Chiesa bresciana -. Noi vogliamo sempre mantenere la loro memoria e coltiviamo la sincera convinzione che la loro immolazione continuerà a essere seme fecondo di bene per tutti noi».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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