Come funzionerà il Daspo urbano a Brescia, da maggio
Piazza Vittoria non ci sarà. Il Carmine nemmeno. Nella mappa delle «zone rosse» ci finiranno invece prevalentemente i parchi: una decina, all’incirca. Scavalcata la geografia dell’incertezza (tradotto: ultimato il lavoro, già in corso, con Prefettura e Questura), in quelle precise zone del capoluogo scatterà il Daspo urbano. Da quando? Presto. Stando alle previsioni della Loggia, la revisione del regolamento di polizia urbana entrerà in vigore «entro la fine di maggio».
A comunicare la decisione sono stati la sindaca Laura Castelletti e l’assessore alla Sicurezza Valter Muchetti durante il Consiglio comunale di ieri. Niente piazze (e, in generale, niente centro storico), ma sì all’esilio per 48 ore dalle aree verdi bollate come critiche (dal Tarello al parco La rosa blu di via Nullo). Presto per avere l’elenco dettagliato e definitivo (anche se «la proposta è stata di fatto condivisa al tavolo sull’ordine pubblico e la sicurezza», come ha specificato Muchetti), ma un punto fermo c’è: la maggioranza viaggia a tre velocità su questo provvedimento.
C’è chi lo ha già ribattezzato «il Daspo contro i poveri», chi non è entusiasta ma è propenso a un «sì» di compromesso («in fondo, rispetto a quel che poteva essere, è un «Daspo soft» è la tesi, ad esempio, della Civica Castelletti) e chi, al contrario, è convinto che sia la strada giusta da imboccare.
L’annuncio
Lo snodo Daspo per Palazzo Loggia è (politicamente) tra i più delicati: non è un caso, del resto, se il centrodestra insiste nell’invocare la misura (anche) a suon di petizioni e di raccolta firme. «L’assessore Muchetti aveva annunciato che a breve sarebbe stato introdotto e la stessa sindaca ha riconosciuto che un problema di sicurezza esiste. Sul territorio si sta muovendo qualcosa, ma manca la componente comunale: occorre inserire questa misura nel regolamento» è la sollecitazione di Massimiliano Battagliola (Civica per Rolfi sindaco).
La linea politica
La linea politica la chiarisce la sindaca: «Sentirsi liberi e sicuri nella nostra città è fondamentale - premette Castelletti -. All’ultimo tavolo organizzato in Prefettura abbiamo portato una proposta di mappatura, perché noi alle parole facciamo sempre seguire i fatti. Sulla base di questo lavoro voteremo la delibera in Giunta e porteremo la proposta anche in Commissione: l’attuale regolamento di Polizia urbana è ormai datato. La sicurezza non ha colori politici».
È Muchetti ad entrare poi più nel dettaglio: «Il Daspo non è la panacea di tutti i mali» è il messaggio numero uno rivolto al centrodestra. «L’ordine pubblico non c’entra niente, l’applicazione della misura è molto limitata e non ha nulla a che vedere con le risse nelle piazze né con lo spaccio: per questi episodi è già in vigore il Daspo Willy, che mette in atto il questore. Peraltro il Daspo urbano - prosegue l’assessore - è già in vigore dal 2017 nei pressi delle fermate di metro, bus e treni, come previsto da Minniti».
Ironica la replica del consigliere Battagliola: «Mi auguro che i problemi interni alla maggioranza siano finalmente risolti allora su questo tema». Non proprio.
C’è chi dice «no»
Ad arrovellarsi sull’introduzione dell’esilio forzato sono almeno sette consiglieri seduti tra i banchi del centrosinistra. A partire da Francesco Catalano (Al lavoro con Bs), che rappresenta anche Sinistra italiana: «La nostra posizione è ben nota - conferma il segretario provinciale del partito, Luca Trentini -. Siamo da sempre contrari a strumenti repressivi. Non a caso il Daspo non rientra né nel programma né nelle linee di mandato della sindaca per un equilibrato accordo di maggioranza». Trentini fa capire subito che lo scoglio interno non è superato: «Ci confronteremo, ma sottolineiamo la necessità di maggior confronto e condivisione preventiva nella maggioranza su questioni così divisive». E non è l’unico ad avere riserve.
Brescia Attiva e Brescia Capitale hanno una visione ben distante: per loro il compromesso massimo potrà essere la non partecipazione al voto, ma (ad oggi) non schiaccerebbero il tasto verde. E anche nel Pd ci sono sfumature di scetticismo: a partire dal «no» certo di Andrea Curcio, passando per i «tormenti» che attraversano Laura Giuffredi, Pietro Ghetti e Fabio Capra.
L'applicazione
Per convincerli, Muchetti sfoggerà il principio che ha guidato la scelta: «In Giunta ho già condiviso il provvedimento attraverso una comunicazione. La misura ha un’applicazione molto precisa. La norma prevede infatti che si vadano a colpire gli autori di reati di accattonaggio molesto, atti contro la pubblica decenza, commercio abusivo e ubriachezza molesta». Ma chi è scettico lo resta sempre di più: «Appunto - è la reazione -. Così si rischia di colpire semplicemente chi è più fragile». L’intesa di maggioranza, insomma, non sembra scontata.
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