Chiude il bocciodromo a Lamarmora: «Degrado e insicurezza, ora basta»
«Non se ne può più. Da fine mese chiudo bottega e me ne vado. Metterò anche un cartello per spiegarlo: chiuso per degrado». Manola è arrabbiata: il suo lavoro le piace(va), ma - dice - «ora è diventato solo un incubo, un incubo in cui siamo completamente soli».
Il luogo è storico, soprattutto per il quartiere Lamarmora: il bocciodromo comunale del parco Pescheto. È uno spazio di socializzazione importante per la zona, un punto di ritrovo anche per tanti anziani. Manola e suo marito da cinque anni gestiscono, insieme al bar, tutto il centro, ma ancora per poco: «Non cambio idea. Ho segnalato, ho chiamato vigili e carabinieri, ho parlato anche con i candidati sindaco in campagna elettorale. Adesso basta: il 31 ottobre riconsegno le chiavi e chiudo».
Il quadro
In effetti, la situazione attorno alla struttura è emblematica: bottiglie a terra, segni di bruciature sulla parte pavimentata e sul muro, mobili rotti, materassi e sporcizia a terra. «Lasciano spazzatura, bottiglie di birra vuote e rotte, bruciano oggetti, spacciano. La mattina devo arrivare un’ora prima dell’apertura, perché l’ingresso sembra una discarica: a volte mi ritrovo anche divani rotti da spostare, materassi, bottiglie di alcolici. Nessuno viene a ripulire».

Rabbia
Ma a farla infuriare di più è vedere che, giorno dopo giorno, insieme alla paura aumenta la clientela che se ne va. «Fermano le persone nel parcheggio in modo insistente chiedendo soldi, rubano nelle auto. Se sistemo i tavolini all’esterno, importunano i clienti chiedendo in modo insistente soldi, o di fare loro assaggiare il cibo, o di comprare loro una birra o un pirlo, o una sigaretta, oppure iniziano a lusingare le ragazze in modo inopportuno, sedendosi accanto a loro. Altre volte ancora iniziano a litigare, urlando e lanciando oggetti, spacciano. Senza contare le risse: l’ultima volta - racconta - al tavolo c’era una famiglia con due bambini, hanno rotto le bottiglie e si sono messi a litigare e i clienti se ne sono andati, lasciando tutto ciò che avevano ordinato intatto, senza pagare ovviamente. Tante persone ormai qui non vengono più, anche perché non c’è illuminazione e non ci sono controlli. Nessuno fa nulla, quindi non abbiamo alternative. Si chiude».

Gli incassi
Che la situazione sia peggiorata negli ultimi anni, i gestori della struttura lo vedono anche dagli incassi: «Sono diminuiti di un buon 70 per cento, ma noi le spese le abbiamo ugualmente».
La comunicazione è già stata ufficializzata: dal 31 ottobre le chiavi saranno restituite. Ma Manola tiene a precisare: «Io chiudo perché non posso più lavorare a causa di questa situazione: la verità è che di me dovrebbe farsi carico il Comune a questo punto. Perché sia chiaro: non me ne vado perché non ho voglia di lavorare, ma perché non posso lavorare. Che è ben diverso».
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