Carte acquisti: nel Bresciano solo 15mila, ne servirebbero il triplo

«Dedicata a te» è disponibile per famiglie con almeno tre componenti e con un Isee inferiore ai 15mila euro: «Numeri abbastanza bassi, se si considerano le potenziali beneficiarie»
Social Card: "Numeri troppo bassi"
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«Dedicata a te». Ma dedicata a pochi. Almeno secondo gli addetti ai lavori. La carta acquisti – dedicata ai nuclei familiari con almeno tre componenti e con un Isee inferiore ai 15mila euro – è stata consegnata nei giorni scorsi in tutta la provincia di Brescia, coinvolgendo circa 15mila famiglie bresciane, 2.223 delle quali in città.

Cifre non esaltanti, per sindacati e Caf. «Sono numeri abbastanza bassi, se consideriamo che solo in città le potenziali famiglie beneficiarie sono poco più di 6mila – commenta il vicepresidente delle Acli bresciane Fabrizio Molteni –. Questo fenomeno è probabilmente dettato anche dal metodo di calcolo e di determinazione del bonus, che tra l’altro non è molto chiaro perché va a stimare una media comunale confrontandola a quella regionale. Probabilmente tutto ciò rende difficoltosa, o comunque molto selettiva, la concessione del bonus». Non a caso le richieste di chiarimento e di informazioni in Loggia nelle ultime ore si stanno moltiplicando.

Cosa prevede

La misura del governo prevede un contributo massimo di 500 euro, ripartito sulla base del reddito, vincolato a specifici acquisti. E non c’è possibilità di appello: la carta «Dedicata a te» non è infatti richiedibile dal cittadino, i beneficiari vengono individuati da Inps e Comuni. Sono questi ultimi a comunicare agli interessati l’assegnazione del beneficio e le modalità di ritiro delle carte presso tutti gli uffici postali. Tra i centri più grandi in provincia, l’Inps ha attribuito nel 2024 329 carte a Desenzano del Garda, 295 a Montichiari, 294 a Rovato. Continuando a scorrere la graduatoria provinciale, a Lumezzane sono state consegnate 242 card mentre a Palazzolo sull’Oglio 227. Cifre non plebiscitarie.

Un contrasto alla povertà

Per le Acli bresciane non è solo un problema di attribuzione, però. Tra le parti sociali sono diverse le realtà che definiscono l’Italia – con accezione negativa – il Paese dei bonus, dove le misure spot che si traducono in aiuti per le famiglie abbondano ma che rappresentano anche una giungla nella quale per molti è difficile barcamenarsi. «Più che il prodotto ci interessa il processo – spiega Molteni –. Abbiamo tante piccole misure, molto parcellizzate, che non risolvono il contrasto alla povertà. Una misura universale di sostegno al reddito è sicuramente necessaria, ma crediamo sia necessaria la seconda gamba di questa misura, che d’altronde era prevista dal Reddito di inclusione sociale».

In cosa consiste la seconda gamba? «Politiche attive del lavoro per formare o riformare le competenze e per permettere alle persone di rimanere nel ciclo produttivo o di rientrarvi. Altrimenti siamo solo di fronte a misure tampone che sicuramente servono nell’immediato ma che non hanno sguardo sul futuro e non permettono alle famiglie di programmare il proprio futuro».

Anche perché, al di là degli slogan, la povertà non è stata mai abolita. «Bisogna impegnarsi per una razionalizzazione di tutte le misure attivate e per creare un strumento veramente universale che selezioni in base al reddito, altrimenti non si uscirà mai dalla trappola della povertà», conclude il vicepresidente di Acli Brescia.

Si confida nel 2025, insomma, dopo l’attuale sperimentazione che ha raggiunto già il secondo anno di vita (seppur con alcune variazioni rispetto al 2023). In una fase di modifiche e ripensamenti del governo sulla politica dei bonus, sarà (anche) la Legge di Bilancio da approvare entro fine anno a svelare eventuali novità.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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