Caritas di Brescia, 50 anni di accoglienza, aiuto e speranza
Cinquant’anni in poche parole e un pentolino. La Caritas diocesana di Brescia ha compiuto nel 2024 i cinque decenni di vita, festeggiati con un «compleanno diffuso» durante l’anno: l’ultima tappa di questo percorso si è celebrata sabato 14 dicembre alla Polivalente dell’oratorio San Filippo Neri di Castegnato, in una mattinata di riflessioni che ha coinvolto oltre 230 rappresentanti delle Caritas parrocchiali diocesane.
Il pentolino
Per ripercorrere le tracce di un lungo cammino e guardare al futuro, l’incontro – intitolato «50 anni in poche parole» – si è appoggiato sui significati di un lemma, la povertà, e su un oggetto concreto, tratto da una fiaba contemporanea: un piccolo tegame rosso, filo conduttore del racconto «Il pentolino di Antonino» di Isabelle Carrere, il cui protagonista è un bambino che deve sempre trascinare con sé un piccolo recipiente, causa di disagio e imbarazzo. Passato fisicamente di mano in mano ai relatori durante la mattina, nell’incontro Caritas è diventato metafora delle povertà e fragilità di ciascuno, ma anche, ha ricordato il parroco di Castegnato, don Massimo Orizio, «della vera ricchezza in noi», se porta anche «solidarietà e partecipazione».
Difficoltà e aiuto
Tutti infatti abbiamo difficoltà, serve che qualcun altro ci aiuti a riconoscerle e ci accolga: «La questione della povertà ce l’abbiamo addosso noi e arrivarci non è né immediato né facile – ha spiegato il direttore della Caritas diocesana di Brescia, don Maurizio Rinaldi –. Ma il pentolino di ciascuno ci permette anche di essere altro: ogni grazia è preceduta da una disgrazia, ma ogni disgrazia ha la sua grazia». Alle difficoltà di ognuno si aggiungono quelle degli altri: «Ci sono poi i pentolini di chi viene alla Caritas – ha aggiunto Rinaldi –. Qui ciò che cambia è il nostro sguardo, che permette di accogliere chi viene col suo pentolino e di farlo esistere».
I dati e le sfide
Di pentolini ce ne sono tanti, come ha ricordato la direttrice del Giornale di Brescia, Nunzia Vallini: «La povertà economica è la più evidente – ha detto –. Il Censis solo pochi giorni fa ci ha detto che l’Italia “galleggia” e che pure il ceto medio si sta impoverendo: negli ultimi anni il reddito pro capite si è ridotto del 7% e che la fetta di popolazione a rischio di nuove povertà è pari al 18,9%, contro una media europea del 16,2%. Ma è misurabile anche la povertà ambientale: consumiamo troppo, produciamo tanto e redistribuiamo male». L’elenco è ancora più lungo: la povertà oggi è anche educativa, affettiva, di pensiero, di giustizia, di senso, di politica, di pace e di linguaggio. «Tutte povertà che poi si intrecciano tra loro», ha detto la direttrice.
Tante le sfide che attendono la Caritas diocesana: «La povertà materiale che ci interpella al momento riguarda i cosiddetti “working poor”, chi lavora ma non riesce col proprio lavoro a garantirsi una vita sostenibile – ha detto don Rinaldi –. In questi giorni poi tale povertà diventa assolutamente importante laddove assistiamo anche nella nostra provincia a licenziamenti in corso di aziende in crisi. Questa povertà ci preoccupa anche perché non riusciamo pienamente a intuire quale sarà l’andamento economico e la prospettiva delle questioni industriali. Dal punto di vista intellettuale c’è anche una povertà di empatia – ha aggiunto –. Infine in termini spirituali forse abbiamo sentito fortemente la povertà di speranza».
Il vescovo
All’inizio dell’incontro la benedizione del vescovo di Brescia, Pierantonio Tremolada, per la Caritas: «Voi siete come la candela che accende un fuoco nel camino di casa – ha detto –. La casa è il mondo, il camino sono le parrocchie, le candele siete voi: la Caritas è la candela che fa ardere il fuoco di un camino, che poi è capace di scaldare un ambiente. Sono convinto – ha concluso – che oggi più che mai la chiesa debba percorrere la strada della carità».
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