Carcere sovraffollato, la Garante: «Chiaro il disinteresse di tutti»
Trentaquattro suicidi da inizio anno. Una dato che la dice lunga sullo stato nel quale versano le carceri italiane e che, per la garante dei detenuti di Brescia, altro non è che la punta dell’iceberg di una situazione insostenibile come «la lunga lista di sofferenze aggiuntive, che i detenuti sono costretti a sopportare ogni giorno e con loro il personale di polizia penitenziaria che vive gli istituti tanto quanto le persone recluse».
La Garante dei diritti dei detenuti a Brescia Luisa Ravagnani interviene a due mesi dall’appello con il quale il presidente della Repubblica richiamò la classe politica ad adottare misure immediate per allentare il clima di tensione che si respira nelle carceri italiane, a causa del sovraffollamento, della carenza di personale e dell’inefficienza dell’assistenza sanitaria. Interviene Ravagnani per annunciare, dopo quella del 18 aprile, la seconda mobilitazione indetta per oggi dalla Conferenza nazionale dei garanti territoriali per chiedere alla politica provvedimenti che riducano il sovraffollamento e all’Amministrazione penitenziaria soluzioni che migliorino le condizioni di vita dentro le carceri.
«Non è più tempo di parlare di emergenza – scrive Luisa Ravagnani – ma, nella migliore delle ipotesi, di disinteresse politico nei confronti di detenuti, agenti di polizia penitenziaria, personale che opera negli istituti e, di conseguenza, della collettività esterna».
La garante bresciana, oltre al sovraffollamento, elenca altre problematiche da risolvere con urgenza. Sono quelle rappresentate dal «difficile accesso alle misure alternative e dalla necessità di una nuova disciplina relativa alle telefonate che, come nella maggior parte dei Paesi europei, dovrebbero essere illimitate, almeno per i detenuti comuni. La possibilità di sentire quotidianamente i familiari risulta infatti un forte elemento di riduzione dello stress inframurario e rafforzamento dei legami familiari, necessari per un efficace reinserimento post pena».
Luisa Ravagnani cita un documento redatto dai detenuti, con i quali gli stessi chiedono di essere protagonisti di «una riflessione congiunta sui temi dei possibili correttivi applicabili alla grave situazione di sovraffollamento che li costringe a vivere quotidianamente in condizioni non dignitose per nessun essere umano». «Il coinvolgimento dei detenuti nella valutazione delle strategie di gestione del sistema penitenziario risulta – prosegue la garante – di fondamentale importanza in un’ottica di creazione di percorsi inclusivi efficaci: la decisione di abbandonare il percorso delinquenziale può nascere solo dalla congiunta condivisione di nuovi obiettivi comuni positivi. I detenuti non hanno alcuna volontà di sottrarsi alle responsabilità ma, al contrario, esprimono un sincero desiderio di dimostrare a sé stessi e alla collettività la capacità di cambiamento in positivo».
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