Cambareri si difende: «Odio la ’ndrangheta, ha ucciso mio padre»
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«Io la ’ndrangheta la odio. La ’ndrangheta ha ucciso mio padre. Mio fratello Domenico (condannato con sentenza passata in giudicato per associazione per delinquere di stampo mafioso, ndr) con la ’ndrangheta non c’entra nulla».
A parlare, attraverso dichiarazioni spontanee è Lino Cambareri, uno dei due fratelli Cambareri raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip Alessandro D’Altilia che, nel complesso, ha portato in cella dodici persone nell’ambito dell’inchiesta sulla guerra tra cosche calabresi che si sarebbe consumata nel Bresciano per la gestione del business milionario delle fatture per operazioni inesistenti.
Assistito dall’avvocato Lorenzo Cinquepalmi, Lino Cambareri, oltre a queste affermazioni, non ha aggiunto altro, preferendo avvalersi della facoltà di non rispondere. Per lui ha parlato il legale che ha chiesto la revoca della misura cautelare o la sua attenuazione facendo notare che l’ultimo dei reati fine contestati al suo assistito risalirebbe al 2021 e che pertanto le esigenze cautelari sarebbero tutt’altro che evidenti.
Sempre ieri davanti al giudice che ha disposto la loro custodia cautelare si sono presentati altri indagati.
Tra loro Giuseppe Zeli, 49enne bresciano accusato dalla direzione distrettuale antimafia di Brescia di essere uno dei promotori del sodalizio criminale, di essersi occupato con altri associati dell’attività di emissione di fatture per operazioni inesistenti mediante l’utilizzo di società cartiere – in tutto gli inquirenti ne hanno contate una settantina – disseminate sul territorio italiano e straniero, ma anche di aver gestito la loro contabilità e di aver procurato attraverso coindagati di origini cinesi, il denaro contante per scontare le fatture false.
Assistito dagli avvocati Davide Scaroni e Letizia Pulcini, Zeli si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Gli interrogatori proseguiranno nei prossimi giorni. Saranno celebrati per rogatoria nelle carceri dove gli indagati sono detenuti da metà della scorsa settimana.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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