Tre nuove pietre d’inciampo a Brescia per le vittime del nazifascismo
Patrizia Trivella è la nipote di Lino Baldassari, che morì il 3 giugno 1945 nel lager di Entenfangweg, nella città di Hannover. In mano stringe la pietra che di lì a poco sarà posata davanti a quella che era la casa di Lino, in piazzetta San Giorgio. Sono tre le «Stolpersteine», pietre d’inciampo, posate oggi per iniziativa della Cooperativa cattolico democratica di cultura e ideate dall’artista tedesco Gunter Demnig per farsi memoria diffusa tra i cittadini europei, come reazione a ogni forma di negazionismo e di oblio e per ricordare tutte le vittime del nazionalsocialismo e del fascismo.
A Brescia
In tutto ora in città sono state posate 21 pietre d’inciampo, le ultime tre proprio oggi. Una porta il nome di Lino Baldassarri che a vent’anni, con coraggio, scelse, assieme ad altri 650mila soldati italiani, di rifiutare i principi del nazifascismo e ogni forma di collaborazione. «Occorre inciampare nelle esperienze di queste persone che hanno fatto una scelta difficilissima – sottolinea Marco Fenaroli, assessore comunale con delega alla Casa della memoria – . Non tornare a casa in Italia e non firmare la fedeltà a Mussolini. Esperienze che non devono ripetersi».
L’altra pietra è per Pierino Franco Silli che è morto di tubercolosi nel campo di concentramento di Pelplin, in Polonia, il 19 aprile 1943. Davanti alla sua casa di via dei Mille, mentre viene posata la pietra d’inciampo ci sono i nipoti e pronipoti tra i quali Giuseppe Gualla.
Fare memoria
«Le pietre d’inciampo sono un segno tangibile per fare memoria – dice il vicesindaco di Brescia, Federico Manzoni –. La storia di quegli anni è uno degli elementi che stanno alla base della costruzione dell’Unione europea. L’unità europea è la migliore forma di risposta pacifica e solidale perché quello che è avvenuto non accada più. Siamo a poca distanza dall’oratorio della Pace dove Padre Bevilacqua predicava e diceva che le idee valgono per quello che costano». La terza pietra porta inciso sopra il nome di Angelo Attilio Arici, morto nel campo di internamento di Hagen, in Germania, il 22 maggio 1945, e che abitava in contrada del Mangano.
Le pietre
«Le pietre vengono preparate a mano e sono nella lingua della persona che ricordano – spiega Alberto Franchi che si occupa del progetto per la Cooperativa Ccdc –. Sono oggi in più di venti lingue. La città fa proprio il desiderio di ricordare le vittime di una dittatura così crudele». In un passaggio tra vecchie e nuove generazioni, sono stati gli studenti del Castelli, del Gambara e del Lunardi a preparare e leggere le biografie dei tre concittadini morti per la libertà: «Essere giovani ci impone di avere una maggiore responsabilità – ha detto Alessia – perché ci sentiamo responsabili per le generazioni future».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.