Cronaca

Caso Singh, l’esperta: «I genitori ancora radicati alla loro cultura»

Parla l’avvocata Harpreet Kaur, penalista che si occupa quotidianamente di diritti negati: l'intervista
L'avvocata Harpreet Kaur - © www.giornaledibrescia.it
L'avvocata Harpreet Kaur - © www.giornaledibrescia.it
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È arrivata in Italia da bambina, ha cambiato vita e abitudini. Oggi è uno dei riferimenti legali a Brescia per il mondo indiano. E per Harpreet Kaur, avvocata penalista, il tema dei diritti è di fatto sulla scrivania ogni giorno. Le abbiamo fatto qualche domanda riguardo al caso del consigliere comunale Baldwinder Singh, indagato con la moglie per maltrattamenti contro le figlie.

«Non accetta che le figlie vivano all’occidentale». Avvocata, questa è la contestazione mossa nei confronti del consigliere comunale Balwinder Singh. A Brescia ci sono stati diversi casi analoghi in questi anni. Alcuni finiti in dramma. È possibile che accada ancora nel 2025?

«Potrà accadere anche nel 2050. Non è tanto il fatto di essere nel 2025, ma che questi genitori sono ancora radicati alla propria cultura e quindi non riescono a trovare un punto di contatto con quella nuova. E fino a quando non riusciranno a trovarlo questi eventi continueranno a verificarsi, quindi è necessario che le persone che sono arrivate in Italia riescano ad aprirsi alla nuova realtà, a capire che i figli nati e cresciuti nel nuovo Paese è normale che vogliano vivere anche secondo le nuove prospettive, nuovi modelli di vita dell’Occidente, che il Pese nel quale vivono e crescono offre. E, quindi, fino a quando il genitore non riuscirà ad aprirsi a questa nuova cultura, ad accettare che non è più India ma è in un altro Stato, con un altro sistema di vita dove i figli stanno crescendo e vivono quotidianamente, questi drammi continueranno a verificarsi».

Quanta distanza c’è oggi tra i padri legati a tradizioni dei Paesi di origine e le figlie cresciute in Italia?

«La distanza è molto grande. Io ho 33 anni, sono venuta in Italia che avevo sette anni e mio padre, che ha lasciato l’India nel 1996, è riuscito ad accettare le diversità e a capire che siamo in un altro contesto e che i figli sono cresciuti in un altro Paese con una cultura differente e ha lasciato vivere e crescere noi figli secondo la nuova cultura. È l’unico modo per ridurre la distanza generazionale. Però fino a quando i genitori continuano a essere legati alle tradizioni del proprio Paese d’origine questa distanza rimane enorme».

Secondo lei è aumentata la consapevolezza delle vittime in merito all’importanza di denunciare e, in tanti casi, di denunciare i genitori?

«La consapevolezza credo non sia particolarmente mutata, perché quando una persona cresce in una famiglia in cui ogni giorno viene inculcato che l’onore della famiglia nella comunità è fondamentale, non è così facile per la vittima poter denunciare perché sa che andrà incontro al disonore».

Per fortuna però c’è chi trova il coraggio e denuncia. Si parla spesso di reati culturalmente orientati. Quali sono secondo la cultura indiana quei comportamenti tollerati nei Paesi di origine, ma che in Italia rappresentano reati?

«Un esempio su tutti: in India un marito che picchia la moglie perché disobbedisce è un reato che viene però accettato. In Italia invece costituisce il reato di maltrattamenti in famiglia. Atteggiamenti che in India vengono accettati dalla famiglia e dalla comunità, perché la donna deve obbedire al marito altrimenti sarebbe un disonore, quindi il marito che beve e la sera picchia la donna spesso non viene punito».

Quindi qual è il ruolo della donna oggi nella società indiana?

«Sicuramente è cresciuto, però siamo ancora molto lontani affinché si possa raggiungere la parità di genere, che in Occidente abbiamo nei fatti. In India la donna, come sposa e madre, e le figlie femmine vengono considerate un passo indietro al maschio, questo sempre».

In quest’ultimo caso giudiziario che ha travolto il consigliere comunale c’è coinvolta anche la moglie, pure lei accusata di maltrattamenti sulle figlie. Nella cultura indiana come viene inquadrato il rapporto tra mamma e figlia?

«Il rapporto tra madre e figlia lo vedo sempre più stretto. Una madre che vuole picchiare la figlia o la minaccia perché lei disobbedisce e vuole seguire la cultura occidentale mi sembra strano, perché di solito la madre è sempre dalla parte della femmina anche se poi è il marito che comanda».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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