Bomba alla Polgai, due ciclisti sfiorarono l’esplosione
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Nelle intenzioni degli anarchici che l’hanno piazzata, e rivendicata, la bomba esplosa davanti alla scuola di polizia Polgai di via Veneto in città il 18 dicembre del 2015 non avrebbe potuto far male a nessuno, era studiata per provocare solo danni materiali.
Secondo la Digos di Brescia, che ha svolto le indagini, la deflagrazione ha invece rischiato di investire due persone che sono passate in bicicletta accanto al borsone che conteneva l’ordigno pochi minuti prima che esplodesse.
Il dettaglio, destinato ad avere grande rilevanza nel proseguo del processo, è emerso nel corso dell’udienza che si è tenuta stamattina davanti alla Corte d’Assise, presidente Cristina Ardenghi, del procedimento a carico dell’anarchico spagnolo Juan Antonio Sorroche Fernandez per l’attentato alla scuola di polizia. L’uomo è già detenuto per la condanna, diventata definitiva, che ha riportato in relazione all’attentato dell’agosto del 2018 alla sede della Lega di Villorba, alle porte di Treviso.
Quel caso è stato più volte richiamato nelle testimonianze degli operatori di polizia che si sono succedute. L’ordigno infatti era molto simile a quello piazzato a Brescia, entrambi basati su una pentola a pressione riempita di sostanze infiammabili, seppur diverse, e in entrambi i casi c’erano degli avvisi che avrebbero dovuto tenere lontana la popolazione. Sul borsone che conteneva l’ordigno di via Veneto c’era infatti «un cartoncino di crica 10 centimetri di larghezza con scritto, con un pennarello nero, “attenzione esplode” mentre a Villorba erano stati appesi dei fogli di quaderno con la parola Bomba scritta a pennarello la parola “bomba”» ha spiegato il poliziotto della Digos Daniele Bellavita. Secondo l’agente però «quello di Brescia era piccolo e scritto in nero su fondo marrone, molto poco visibile». Il tema del pericolo per la popolazione civile è emerso poi quando il testimone ha raccontato cosa si vede nei video delle telecamere della scuola Polgai. «La bomba viene piazzata alle 4.21 con una miccia lenta, ed esplode alle 4.35. Alle 4.28 e alle 4.30 però passano due persone in bicicletta».
Nella stessa udienza sentito anche l’allora dirigente della Digos di Brescia Giovanni Destavola che ha ricordato come «gli elementi emersi nell’immediatezza, e in particolare la rivendicazione di area anarchica, ci hanno portato a cercare analogie tra quel testo, i termini che usava e gli errori che conteneva, e altre pubblicazioni alla ricerca di una persona madrelingua spagnola. In un documento c’era un chiaro riferimento al quartiere del Carmine di Brescia. Non tanto inteso come luogo di residenza ma come idea di quartiere multietnico». Un altro elemento che ha indirizzato le indagini verso l’anarchico spagnolo che aveva frequentato Brescia. Si torna in aula il 13 marzo.
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