Bimbo aggredito fuori da scuola: «Ho convinto il genitore a non vendicarsi»
Karima è una donna di origini marocchine e collabora come mediatrice culturale con numerose associazioni del territorio. «Vado anche nelle scuole e collaboro con i comitati genitori per favorire l’integrazione» racconta. È lei a essere intervenuta nella vicenda del bambino aggredito fuori da scuola dal padre di una compagna di classe. Entrambe le famiglie coinvolte sono di origine egiziana.
Cosa potrebbe aver scatenato la rabbia del genitore che ha preso per il collo il compagno di classe della figlia?
«Da quello che so non ci sarebbe un motivo particolare. La madre si è staccata dalla comunità egiziana per integrasi meglio a Brescia. Forse potrebbe essere stato questo il motivo, ma è un pensiero mio visto che la mamma mi ha raccontato che l’aggressore l’aveva già insultata qualche giorno prima sempre fuori da scuola.. Quanto accaduto è sicuramente un fatto grave che poteva generare delle reazioni sconsiderate».
È stato difficile convincere il padre del bambino a denunciare evitando di farsi giustizia da solo?
«Nella cultura egiziana è normale farsi giustizia, ma qui siamo in Italia e la legge c’è. Non siamo nella foresta dove vince il più forte. All’inizio mi ha detto: “vado a cercarlo” poi l’ho fatto ragionare spiegando che rischiava di buttare via i 20 anni vissuti a Brescia se avesse agito con violenza. Ha capito ed è stato molto collaborativo. Dopo aver portato il figlio in ospedale è andato dai carabinieri e ha sporto denuncia».
Lei il giorno prima aveva parlato con la madre del bimbo.
«Sì, perché ho sempre lasciato il mio numero in moschea a disposizione delle donne che se hanno problemi in famiglia possono chiamarmi. Molte donne musulmane sono ancora terrorizzate dall’idea di poter parlare con il marito e quindi restano in silenzio. Infatti anche in questo caso la signora temendo una reazione non aveva riferito nulla dell’aggressione subita dal figlio. É una questione culturale che deve cambiare. Lo dico anche quando vado nelle scuole. Non possiamo insegnare ai nostri figli di risolvere le questioni con la violenza. É intollerabile».
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