Bigio, Castelletti chiude la vicenda: «Non uscirà mai dal magazzino»

Francesco Alberti, Stefano Zanotti
La sindaca ha risposto al consigliere Battagliola che ha chiesto chiarimenti anche su piazza Vittoria
Bigio, "vicenda chiusa" per la sindaca
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Quando il 12 ottobre 1945 venne rimosso da piazza Vittoria e trasferito nel magazzino comunale il nostro giornale titolò: «In via Rose si trova l’illacrimata sepoltura del Bigio».

Dopo quasi ottant’anni di polemiche che come un fiume carsico ciclicamente tornano ad animare (per usare un eufemismo) il dibattito politico (come anche ieri in Consiglio comunale), ecco la sindaca Laura Castelletti a decretare che quella sepoltura sarà definitiva: «Non andrà mai da nessuna parte». Stop alle polemiche? Vedremo, con poca fiducia.

«Era fascista»

Quel gigante alto sette metri e mezzo, scolpito nel marmo di Carrara da Arturo Dazzi nel 1932, è tornato protagonista grazie a un’interrogazione presentata da Massimiliano Battagliola per conoscere il destino della piazza (ovvero della fontana e della Stele di Paladino) e, quindi, anche del Bigio. Il consigliere di opposizione ha sgomberato il campo da facili polemiche: «Io sono antifascista» ha detto prendendo la parola, una dichiarazione che lo dissocia da quanti nel centrodestra si rifiutano di dichiararsi tali, e che ha allontanato collegamenti nostalgici.

«La questione del Bigio mi sta a cuore, indipendentemente dall’ideologia - ha spiegato Battagliola -, la tematica è prettamente civica. La nostra città si è ridicolizzata mettendo una statua di oltre sette metri in un magazzino. Sono stati spesi soldi per il restauro e centinaia di migliaia di euro per sistemare piazza Vittoria, che oggi peraltro vive non pochi problemi sul fronte della sicurezza. Allora vi chiedo: che fine farà il Bigio? E che fine faranno la fontana e la Stele di Paladino?».

Anche la sindaca Castelletti, rispondendo all’interrogazione consiliare, ha sgomberato il campo dai dubbi: «Il vero nome del Bigio è Era fascista, ricordiamolo. Nel clima di contrapposizione politica che stiamo vivendo, tra le festa della Liberazione e le celebrazioni per il cinquantesimo della strage di piazza Loggia il prossimo 28 maggio, credo che sia profondamente sbagliato anche solo tornare ora sul tema del collocamento della statua». Quindi la punzecchiatura per i banchi della minoranza:

«Ci sono stati momenti in cui si poteva discutere del collocamento del Bigio, la giunta Paroli-Rolfi poteva sicuramente farlo»; e ancora: «Nel programma di Fabio Rolfi candidato sindaco c’era scritto: se sarò eletto rimetterò la statua in piazza Vittoria. Forse anche per questo non è stato eletto».

La Stele

«La Soprintendenza non ci obbliga a rimettere la statua dov’era durante il fascismo - ha continuato la sindaca Castelletti -, la condizione di piazza Vittoria senza la statua si deve ritenere storicizzata (parole della Soprintendenza) e quindi accettabile».

Infine il de profundis: «L’Era fascista resta (e resterà) nel magazzino di via Rose di sotto. Non andrà quindi in nessun altro luogo, il Bigio al Musil è solo un’idea fantasiosa senza nessun fondamento». Il consigliere di maggioranza Andrea Curcio ha poi ricordato che «nel progetto originale la piazza non nasce con la statua, ma viene inserita su richiesta del gerarca cittadino Augusto Turati. Piazza Vittoria ha vissuto molti più anni senza il Bigio: l’Era fascista è rimasta esposto per circa i 13 anni contro i quasi ottanta di deposito nel magazzino».

Curcio ha poi sottolineato che «la Stele, presente da circa sei anni, è invece divenuta un simbolo della città, su questo si deve riflettere».

Battagliola si è dichiarato insoddisfatto dalla risposta della sindaca («non ci ha detto cosa sarà della fontana»), aprendo così la strada a nuove polemiche, ovviamente con il Bigio, a fare da spettatore, ma sdraiato in magazzino.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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