«Avere a cuore la pace»: un confronto tra Castelletti e Paroli

I due ospiti ieri dell’Associazione il Raggio per il Meeting Brescia 2024
  • CRONACA BRESCIA BROLETTO DIBATTITO AVERE A CUORE LA PACE REDAZIONE CRONACA 14-09-2024 GABRIELE STRADA NEW EDEN GROUP
    L'incontro «Avere a cuore la pace, oggi» - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
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AA

Ci sono testimonianze che non possono lasciare indifferenti. Alcune parole, se dette da chi ha vissuto in prima persona particolari – e drammatiche – esperienze, hanno un peso difficile da ignorare. È quasi impossibile. «La mia città è stata bombardata dal primo giorno di guerra, anche oggi sono cadute le bombe. Per noi tutto questo non sono solo notizie. È molto difficile rimanere umani ed è molto difficile avere nel cuore la pace. Perché la pace non è solo assenza di conflitto, ma è soprattutto esercizio di verità e giustizia. Di libertà e di solidarietà».

Le voce di Lali Liparteliani si spezza mentre racconta. È scappata da Charkiv, una delle città più colpite dall’esercito russo, e ieri ha portato la propria esperienza all’incontro «Avere a cuore la pace, oggi» organizzato dall’Associazione il Raggio nell’ambito del «Meeting Brescia 2024». Sul palco con lei, nel cortile del Broletto, anche la sindaca di Brescia Laura Castelletti, il senatore di Forza Italia Adriano Paroli e Santina Togni, che è tra i fondatori di Amici di Emmaus, un’associazione che è nata per sostenere l’Ong ucraina Emmaus (della quale fa parte Lali Liparteliani), oltre al moderatore Andrea Avveduto, giornalista e scrittore.

L’impegno

Cosa significa essere in pace oggi? La domanda che fa da filo conduttore non prevede risposte semplici. Il tema è complesso ma c’è chi cerca di agire sulla dimensione locale per provare a dare una piccola scossa a quella globale. «Brescia ha nel suo tessuto la pace – sottolinea la sindaca Castelletti –. Persone che arrivano da luoghi che sono teatri di guerra fanno attivamente parte della nostra comunità e ci aiutano ad avere uno sguardo diverso su ciò che accade al di fuori dei nostri confini. Ci impegniamo molto nell’educazione alla pace e promuoviamo una cultura della pace. Io tendo a essere molto pratica: Brescia ha instaurato molti gemellaggi con altre città, organizza festival e si impegna per la costruzione della pace. Non guardiamo solo a noi stessi».

Ma se facciamo un passo oltre troviamo tantissimi conflitti sparsi sulla terra, che sembrano ignorare i segnali di pace provenienti da quasi tutto il mondo. «Durante la seconda guerra mondiale ci siamo trovati ad un passo dal baratro – spiega l’onorevole Paroli –. Poi però la provvidenza ha mandato delle persone in grado di guardare oltre e di arrivare a prendere delle decisioni risolutive. Ecco, speriamo che la provvidenza ci mandi nuovamente uomini e donne in grado di costruire la pace».

Sulla provvidenza – che per Paroli «è tutto» – mantiene qualche riserva Castelletti. «Abbiamo visioni diverse – dice sorridendo –: io sono molto più dell’idea che la politica compia delle scelte a servizio del bene comune».

Testimonianze

Come detto all’inizio, però, l’incontro di ieri è stato anche l’occasione per ascoltare le testimonianze di chi la guerra l’ha vissuta sulla propria pelle e di chi ha deciso di cambiare vita per provare a fare del bene. «Le ultime tre settimane hanno testimoniato con particolare intensità che la guerra in Ucraina non solo non è finita, ma continua con maggior forza, portando con sé nuove terribili morti - ricorda Liparteliani -. È possibile avere la pace nel cuore quando ogni giorno si ricevono notizie di distruzione e morte? È possibile avere la pace nel cuore quando sai che i tuoi cari sono sotto le bombe?

Ma c’è anche l’esperienza di essere profughi. «Per me è un dolore costante. È l’impossibilità di condividere la gioia di una nuova nascita con i propri parenti in Ucraina, per alcuni è l’impossibilità di essere presenti ai funerali di persone care, per me è l’impossibilità di andare sulla tomba di mio marito».

In maniera diversa, ma con la stessa intensità, Santina Togni porta dentro di sé i segni della guerra. Lei ha lasciato un lavoro da infermiera per dedicarsi ai profughi. «Prima ho aiutato i ragazzi che sono stati costretti a scappare – racconta –, poi ho deciso di trasferirmi lì. Ho visto la sofferenza e ogni volta mi sorprende la forza con cui gli ucraini affrontano la realtà. //

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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