Le attiviste perquisite in questura a Brescia sporgono denuncia

A pochi giorni dall’approvazione del Decreto Sicurezza, Extinction Rebellion ha annunciato due azioni legali nei confronti della Questure di Roma e di Brescia per «sequestro di persona, perquisizioni degradanti e arbitrarie e violenza privata». Dopo aver denunciato la Questura di Bologna a luglio scorso, il movimento internazionale accusa nuovamente le autorità di aver messo in atto contro manifestanti pacifici misure coercitive e umilianti non previste dalla normale procedura e violando i loro diritti fondamentali.
I fatti
I fatti risalgono al 13 gennaio, quando un gruppo di attivisti aveva organizzato un sit-in davanti alla sede bresciana di Leonardo Spa, nell’ambito di una campagna nazionale contro la produzione e l’esportazione di armamenti. Secondo quanto denunciato dal movimento, dopo lo sgombero della protesta, 17 manifestanti sono stati trasferiti in Questura, pur avendo fornito le generalità sul posto.
Nel comunicato diffuso da Extinction Rebellion si legge che «i fermati sono stati trattenuti per circa 9 ore, privati degli effetti personali (in alcuni casi anche di farmaci e telefoni) e, soprattutto, impossibilitati a contattare i propri legali». In particolare, viene segnalato che alcune delle attiviste sarebbero state «obbligate a spogliarsi completamente ed eseguire degli squat, una pratica – sottolineano gli avvocati – prevista solo in presenza di fondati sospetti legati a droga o armi, circostanza che non ricorreva in quel contesto».
L’azione legale, depositata in queste ore, si affianca a una denuncia analoga relativa a quanto accaduto a novembre a Roma, e segue quella già presentata a luglio contro la Questura di Bologna.
«Come giuristi – dichiarano i legali di Extinction Rebellion – esprimiamo preoccupazione per l’inasprimento delle prassi di intervento delle forze di polizia di fronte a manifestazioni pacifiche e nonviolente. Si tratta di una torsione repressiva che mette a rischio il diritto costituzionale alla libera manifestazione del pensiero».
Le reazioni
Entrambi gli episodi avevano provocato indignazione e aspre critiche, con la deposizione di un’interrogazione al Parlamento europeo, numerose interrogazioni parlamentari indirizzate al Ministro degli Interni da parte di tutte le forze di opposizione e la presa di posizione di diverse organizzazioni internazionali per i diritti umani.
Front Line Defenders ha inviato un reclamo al Governo, al Parlamento Europeo e agli Inviati Speciali per i diritti umani dell’ONU chiedendo, tra l’altro, che «i difensori dei diritti umani in Italia possano protestare in maniera pacifica senza indebite restrizioni e senza timore di essere perseguitati». Questi episodi sono stati ripresi anche dalla Relatrice speciale sui difensori dei diritti umani delle Nazioni Unite, che ha scritto al Governo italiano chiedendo di chiarire quanto accaduto a Bologna a luglio scorso e successivamente anche a Brescia, esprimendo grande preoccupazione per le possibili violazioni di diritti e l’utilizzo di pratiche umilianti.
La risposta di Piantedosi
Nonostante la mobilitazione nazionale e internazionale, l’unica risposta del governo è arrivata dal Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che, in un’intervista televisiva, ha dichiarato che le perquisizioni sono avvenute: «in piena regolarità: mi dispiace comunque se qualcuno si è sentito offeso», evitando di affrontare la questione in Parlamento.
«Di fronte a queste gravi ingiustizie e al silenzio imbarazzante delle istituzioni, abbiamo deciso di avviare altre due azioni legali per difendere il diritto al dissenso pacifico e garantire il rispetto delle libertà fondamentali, sempre più a rischio in questo Paese», conclude Extinction Rebellion.
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