Aggressioni in Pronto soccorso: «Servono più servizi vicino ai pazienti»
A Ferragosto l’aggressione a un medico del pronto soccorso di Chiari, a Natale una persona già nota e con problemi comportamentali ha insultato il personale, dato un calcio a una porta e rovesciato dei cestini.
L’episodio ha avuto inizio al pronto soccorso del Civile ed è proseguito in quello di Montichiari rendendo necessario l’intervento delle forze dell’ordine. Sono solo due delle situazioni critiche che si sono verificate negli ospedali bresciani quest’anno portando le Asst ad adottare ulteriori misure per affrontare il fenomeno. Come il servizio di vigilanza armata attiva 24 ore su 24 al pronto soccorso di Chiari.
«Nonostante queste iniziative - commenta Nadia Lazzaroni, segretaria della Fp Cgil Brescia - gli episodi di violenza continuano a rappresentare una sfida significativa per il sistema sanitario locale. È fondamentale promuovere una cultura del rispetto e della collaborazione tra pazienti, familiari e personale sanitario, riconoscendo l’importanza del lavoro svolto da medici, infermieri e operatori socio-sanitari nel garantire la salute pubblica. I diversi fatti di cronaca mostrano come sentimenti di rabbia, dolore e frustrazione dei pazienti e parenti trovano facile sfogo nei confronti del personale medico, infermieristico e socio-sanitario».
L’impatto emotivo per il personale è forte: Lazzaroni parla di «disturbi post-traumatici da stress, demotivazione lavorativa con relative assenze prolungate per malattie, bassa qualità lavorativa e richieste di trasferimenti».
A suo avviso è «necessario farsi carico di questo problema attraverso il presidio del territorio attivando una rete di servizi socio-sanitari integrati di prossimità: questi utilissimi osservatori del territorio, in sintonia con i medici di medicina generale, possono essere la risposta ai bisogni socio-sanitari di tutti, ma in particolare dei più fragili, dei cronici, delle persone con disagio psichico o con dipendenze. Aumentare e avvicinare i servizi alle persone può aiutare a ridurre gli episodi di aggressione che spesso sono la somma di più condizioni di malessere socio-sanitario e che trovano nel pronto soccorso l’unico luogo di ascolto».
«È tempo di “prendersi cura di chi ci cura” - conclude -, anche e soprattutto esigendo che ci sia una sanità di prossimità degna di questo nome e capace di farsi carico dei più bisognosi. Oltre alle neonate case di comunità che devono ancora crescere, penso ai Cps e ai Sert, servizi fondamentali che devono restare nei territori, e per i quali serve un vero investimento in risorse pubbliche. Prevenire le aggressioni e prevenire le malattie deve essere l’obiettivo di una sanità pubblica, gratuita, accessibile, che guarda al futuro e risparmia in cura, perché investe, appunto, nella prevenzione».
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