Sempre meno adozioni: bimbi dall’estero calati dell’86% in 20 anni

Le internazionali sono passate da 211 nel 2001 a 29 nel 2024; domande per la procedura nazionale in calo del 25%
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Adozioni in costante calo
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Era il 1990 quando gli italiani si commossero davanti alla tv guardando la pubblicità degli spaghetti che riuscivano a far sentire a casa una bimba appena arrivata in Italia, dall’Oriente, dalla sua nuova famiglia. Ma da allora tanto è cambiato. Le domande di adozione sono in diminuzione per diversi fattori come la crisi economica, i progressi della procreazione assistita e le grandi difficoltà, burocratiche e di gestione, che questa procedura crea.

In Italia

Le disponibilità all’adozione nazionale sono in calo: secondo i dati del Ministero di Giustizia le domande di adozione nazionale sono state 12.901 nel 2001, 9.795 nel 2011 e 7.970 nel 2022. Parallelamente, però, non sono calati i numeri dei minori dichiarati adottabili che restano pressoché stabili: 1.096 del 2001, picchi nel 2008 (1.405) e 2014 (1.516), per arrivare a 1.072 nel 2021. In questi numeri sono compresi sia i minori con genitori ignoti non riconosciuti alla nascita che con genitori noti.

Per quanto riguarda le adozioni internazionali il calo è evidente: si è passati dalle 7.887 disponibilità del 2001 alle 2.020 del 2021 e da 6.331 decreti di idoneità del 2001 a 1.612 vent’anni dopo. Le adozioni da fuori Italia sono passate, nello stesso periodo, da 3.915 a 598 passando da 1.033 del 2019. L’ultimo dato disponibile, fornito in questo caso dalla Commissione adozioni internazionale della Presidenza del Consiglio dei ministri è del 2023: i minori adottati provenienti dall’estero sono stati 478. Per completare il quadro della situazione in Italia risulta che la stragrande maggioranza di questi bambini ha tra i 5 e i 9 anni e che proviene, nell’ordine, da India, Ungheria, Colombia, Bulgaria; Lombardia, Campania e Toscana sono le regioni di residenza della maggior parte dei genitori adottivi.

A Brescia

Il Bresciano non fa eccezione: sempre scorrendo i dati del Dipartimento per la Giustizia minorile, le domande di disponibilità all’adozione di minori italiani sono passate da 503 del 2001 a 373 del 2021 (-25%); di contro le dichiarazioni di adottabilità non sono variate molto in quei 20 anni (da 44 a 35) e nemmeno i bimbi italiani adottati (da 32 a 27). Guardando ai dati degli ultimi anni del Tribunale dei Minori, nel distretto della Corte d’appello di Brescia nel 2024 sono stati 16 i neonati non riconosciuti e subito collocati in famiglia adottiva e 18 i minori riconosciuti dai genitori biologici la cui adozione è diventata definitiva, su 62 procedure di adottabilità avviate. Evidentemente le altre si sono concluse con un’archiviazione.

Per quanto riguarda l’adozione internazionale le disponibilità in 20 anni (2001-2021) sono passate da 336 a 94 (-72%).

Per il Tribunale di Brescia le domande di idoneità all’adozione internazionale delle coppie sono state 65 nel 2023 e 44 nel 2024 . Le adozioni internazionali definitive sono passate da 211 nel 2001 a 30 nel 2021 (-85,78%); in anni più recenti, stando ai dati del Tribunale di Brescia, sono state 31 nel 2023 e 29 nel 2024.

La procedura

«Il percorso adottivo è complesso e non breve, talvolta difficile come scalare la parete nord dell’Eiger» dice la presidente Tribunale per i minorenni di Brescia, Cristina Maggia. Le coppie che intendono offrire disponibilità all’adozione nazionale possono rivolgersi al Tribunale per i minorenni territorialmente competente per il loro luogo di residenza ed estenderla a ogni altro tribunale per i minorenni italiano. Nel 2024 le domande di adozione nazionale pervenute al Tribunale di Brescia, sia da coppie residenti nel Distretto della Corte d’appello, competente anche sulle province di Mantova, Cremona e Bergamo per un totale di poco meno di 4 milioni di abitanti, sia provenienti da altre regioni, sono state 265.

Nel distretto della Corte d’appello di Brescia nel 2024 sono stati 16 i neonati non riconosciuti
Nel distretto della Corte d’appello di Brescia nel 2024 sono stati 16 i neonati non riconosciuti

«Una coppia, infatti, dà la disponibilità all’adozione nazionale e il tribunale ne valuta le capacità dando incarico al servizio sociosanitario deputato. Il servizio – spiega Maggia – ha 4 mesi di tempo per completare la valutazione; dopo questo passaggio, sentita la coppia in udienza, se giudicata idonea, per tre anni può essere chiamata per l’abbinamento ad un bambino. Ovviamente, quando c’è un bambino da collocare scegliamo la più adatta alle caratteristiche e ai bisogni di quel minore».

La domanda ha una validità di tre anni, poi scade e, se la coppia è ancora interessata, può ripresentarla. La domanda relativa all’adozione nazionale non prevede l’assunzione di alcuna decisione da parte del tribunale. Al contrario della domanda di idoneità all’adozione internazionale la cui procedura, che si svolge come la precedente con una valutazione dei servizi e una udienza davanti al giudice onorario, si conclude con un decreto di idoneità o non idoneità della coppia.

Una volta ottenuto il decreto di idoneità la coppia intenzionata a rivolgersi ad un paese straniero per adottare deve affidarsi entro un anno obbligatoriamente ad uno degli enti autorizzati dalla Commissione adozioni internazionali che operano nei vari paesi del mondo.

Il Tribunale rientra in gioco quando il minore arriva in Italia con la ratifica della sentenza emessa all’estero. Un percorso che può durare anche diversi anni. «Le caratteristiche della coppia adottiva perfetta – dice Maggia – per me sono la flessibilità e la capacità di reggere nell’incertezza. La coppia adottiva deve imparare ad amare quel bambino, così come è, a prescindere dalle proprie aspettative, sapendo che non esiste una strada tracciata, che ogni caso è diverso: molte coppie cercano la sicurezza, la garanzia, ma purtroppo non c’è. Il percorso adottivo non è equiparabile alla genitorialità biologica, comporta l’accettazione del diverso da sé, facendosi carico dei traumi che il bambino può avere subito, ma è certamente un’avventura entusiasmante». 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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