Cucinare i molluschi con Léveillé
I molluschi da sempre più diffusi sulle tavole italiane non vengono dal mare, bensì dalla terra: sono le chiocciole o lumache. Conosciute fin dalle epoche più lontane, hanno probabilmente trovato in Francia la loro terra d’elezione, la cucina che ne ha saputo trarre i piatti più celebrati, ma anche la Lombardia e il Bresciano vantano decine di succulente ricette.
Ecco perché, proprio per cercare consigli su come meglio portarle in tavola, ci siamo rivolti a Philippe Léveillé, amico di Chef per una notte, bretone da decenni in Italia, che al bistellato Miramonti l’altro di Concesio propone una cucina d’autore che fonde modernamente l’ispirazione della sua terra d’origine e quella della nostra tradizione. E parlare di lumache con Philippe significa un po’ invitarlo a nozze. «Le amo da sempre, le mangiavo fin da ragazzino, le ho ritrovate a Brescia e hanno uno spazio particolare nei miei menù».
Cucinarle però non è per niente facile, perché occorre mettere in conto un’attenta fase di pulizia che può durare alcuni giorni. A questo proposito il suggerimento di Philippe è radicale: «Se uno non sa bene come si spurgano, si liberano dalla bava e si puliscono le lumache - sostiene lo chef - è alto il rischio di ritrovare poi nel piatto qualche particella o qualche granello di sabbia che rovinano la preparazione. Per questo io consiglio, a chi affronta il mollusco per la prima volta, di cercare lumache già pulite e cotte che si possono trovare facilmente in scatola nei negozi specializzati, realizzate ovviamente da aziende attente alla qualità. Sì, perché la qualità della materia prima, in ogni preparazione ma per le lumache in particolare, è la condizione indispensabile per ottenere un buon piatto».
Con le lumache pulite e cotte la fantasia può sbizzarrirsi «avendo sempre però cura - avverte Philippe - di non alterare la delicatezza del mollusco e del suo tipicissimo sapore, che vuol dire evitare lunghe cotture e ogni sapore coprente, badando invece ad esaltare l’unicum di questa carne che si dovrà sempre sentire». Per il condimento o il secondo passaggio in padella Léveillé vede più adatto il burro rispetto all’olio «non solo perché io prediligo, come tutti sanno, il burro, ma perché con la lumaca vedo proprio meno adatto l’olio, anche se so che molti miei colleghi la pensano diversamente».
Un’ultima attenzione: «Non va dimenticato - dice lo chef - che la lumaca ha un sapore grasso ben avvertibile e pertanto è necessario trovare nella ricetta un elemento di acidità che lo contrasti e lo bilanci. Può servire l’aceto o il limone, ma pure erbe e radici con una precisa impronta acida, senza la quale non troveremo il necessario equilibrio di ogni preparazione ben riuscita». Almeno due millenni di ricette con le lumache, infatti, a cominciare dalle quattro più antiche sinora rinvenute nel «De re coquinaria» di Apicio, prevedono in una di queste l’abbinamento all’aspro garum, l’onnipresente salsa romana.
E oggi? «Da qualche tempo ho in carta una nuova preparazione - dice Philippe - una Baguette di lumache, pomodoro e mozzarella». Non un antipasto o un piatto di mezzo, ma un secondo vero e proprio che si presenta come un bel panino e l’invito insolito a gustarlo con le mani. «Non nascondo che qualche reazione stupita in sala c’è stata, ma alla fine i piatti tornano sempre vuoti e non mancano i complimenti».
L’esperienza è godibilissima e da provare. «Prepariamo le lumache - spiega Philippe - con una cottura misurata e le adagiamo in una salsa leggera, ma consistente dove pomodoro e mozzarella si accompagnano allo scalogno, all’aceto di dragoncello e all’acetosella, una pianta che garantisce anche un suadente spunto acido».
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