Oltre il sottopasso dipinto per arrampicarsi verso il cielo

Clementina Coppini
Mani per scalare e mani per scavare sul monte delle rocce sacre, il Covolo, collegato a Villanuova sul Clisi
Il murale che accompagna gli escursionisti verso il sentiero
Il murale che accompagna gli escursionisti verso il sentiero
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Monte Covolo, all’apparenza separato dalla cittadina di Villanuova sul Clisi da una strada, la Statale 45 bis, trafficatissima arteria, in realtà collegato a essa da un sottopassaggio, che sarebbe un sottopassaggio qualunque se non fosse coperto da due opere d’arte, una dedicata all’arrampicata e l’altra all’archeologia.

I due murales descrivono le vocazioni di questa altura boscosa: da una parte ci sono i climbers e dall’altra i siti preistorici di Riparo Cavallino e Riparo Persi. Anche in questo caso la divisione sembrerebbe netta, se non fosse per una cosa, anzi due: le mani, che servono sia per scalare che per scavare e che portano a vivere il brivido, vuoi dell’altezza vuoi della scoperta.

Siamo di fronte a un portale dipinto (oltre il quale comincia un sentiero dotato di indicazioni e pannelli esplicativi) che traghetta dalla contemporaneità a un mondo ancestrale, in cui l’essere umano da una parte ancora oggi sfida la roccia e dall’altra millenni fa affidava sempre alla roccia chi aveva perduto, praticando riti che prevedevano l’abbandono dei defunti alla naturale scarnificazione, a cui seguivano rottura e combustione delle ossa, per giungere infine alla sepoltura di ciò che rimaneva, depurato da ciò che è corruttibile e dagli spiriti malvagi, ai piedi di una roccia bianca.

Riparo Cavallino

Forse allora solo bianca, oggi attraversata da strisce scure verticali, che la fanno assomigliare a un teschio giunto quasi alla termine della decomposizione. Eppure quel grande cranio di pietra che è il Riparo Cavallino non fa paura, anzi rassicura, e il suo stesso nome, riparo, indica volontà di proteggere. Il verde, gli alberi, i fiori trasmettono pace, oltre a essere omaggi per gli uomini dell’Età del Rame, che furono deposti con amore (secondo sensibilità e consuetudini di cinquemila anni fa) a guardare per sempre il sole.

Viene voglia di riflettere, meditare su argomenti che, quando siamo dall’altra parte della strada, oltre il sottopassaggio spazio-temporale, tendiamo a tralasciare. Non resta che tacere e ascoltare queste rocce, fatte apposta per fornire, nella metafisica del silenzio, risposte alle domande più importanti, quelle sulla Vita e sulla Morte.

Riparo Persi

Più avanti, oltre uno sperone di roccia, c’è il Riparo Persi, anch’esso luogo di inumazione. Qui sono stati trovati due scheletri medievali, entrambi sepolti con una chiave. Forse per chiuderli fuori dal Paradiso? Eppure la sorte, o qualcosa di molto più grande del desiderio umano di punire e dividere i giusti dagli ingiusti, ha fatto in modo che fossero tumulati in terra consacrata.

La passeggiata archeologica si chiude a cerchio e si torna, superati di nuovo i murales, al presente. Le macchine sopra la testa, il paese davanti agli occhi. Alle spalle un sacro rifugio donatoci per darci una mano ad arrampicarci verso il cielo sia con il corpo che con l’anima.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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