La compassione nell'opera «San Martino e il Povero» della Collezione Paolo VI

Esposto a Concesio, il dipinto di Trento Longaretti vuole ricordarci che il concetto di compassione dovrebbe essere intrinseco a ciascuno
«San  Martino e il Povero» di Trento Longaretti
«San Martino e il Povero» di Trento Longaretti
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Perché parlare di poveri quando si è in vacanza e non si ha voglia di pensare a cose brutte? Perché ricordarci che esiste chi non ha nulla? O realizzare che esiste chi si accorge dell’altrui dolore e persino chi rinuncia a qualcosa di suo per altruismo? Quale miglior esempio di tale predisposizione d’animo che il celeberrimo episodio di Martino che dà metà del suo mantello a un mendicante? Il riferimento è a un modus vivendi generale e a un dipinto specifico: «San Martino e il Povero» (datata 1975), opera di Trento Longaretti da Treviglio e appartenente alla Collezione Paolo VI di Concesio.

Gesto estremo, descritto in questo caso non attraverso la forza eversiva di una lama che recide un tabarro di tessuto pesante, bensì nella dolcezza di un dono, nel desiderio gentile di condividere non il superfluo, ma l’essenziale. Uno splendido cavallo baio con paramenti rossi alza la fiera testa come per nitrire soddisfatto della bontà del suo cavaliere. Il sole pure è rosso, come di un tramonto che porta con sé una desertica notte fredda, rosso come un dolore che si allarga dalla terra al cielo. Invece il disgraziato tutto pelle e ossa dall’aspetto nordafricano ha la pelle emaciata e, forse anche per via dello straccio bianco che lo ricopre a malapena, sembra un Gesù.

Martino si trova di fronte un Povero Cristo e lo guarda diritto in faccia mentre si piega per dividere a metà il suo mantello, non a caso rosso anch’esso. Si scambiano uno sguardo vero, l’uomo a cavallo e il poveraccio seminudo, in cui c’è la compassione di chi è stato fortunato ma sa rinunciare e del disperato che prova gratitudine ma non ha perso la dignità. In un angolo a destra sta la famiglia dell’indigente, composta da una donna avvolta in un mantello azzurro. Ha in braccio un neonato. In poche parole è una Madonna con Bambino.

Il significato

Tutta questa simbologia a ricordarci che il concetto di compassione dovrebbe essere intrinseco a ciascuno e la generosità parte fondante della nostra educazione. Infatti è così, più che altro in teoria, poiché, proprio quando arrivano i momenti di festa e di pausa e dovremmo ricordarci di chi sta male, ecco che ci sale l’istinto atavico di chiuderci nella nostra bella bolla di comfort, epurata da accattoni e straccioni. Più comodo e rilassante far finta che l’ambulante che passa tra i tavoli con le rose non abbia a casa una Madonna con Bambino che hanno fame, meglio raccontarsi che è meglio non rispondere al saluto del venditore di collanine e fazzoletti di carta e fingere di non notare il migrante zoppo che sta davanti al supermercato, altrimenti magari bisogna dar loro un euro. Li riteniamo immeritevoli della nostra attenzione e teniamo gli occhi volutamente girati altrove, senza nemmeno vergognarci. In fondo siamo in vacanza e non abbiamo né spada né mantello, come i santi o i supereroi. Loro non vanno in ferie, giusto?

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