Anton Maria Mucchi, l’uomo che riscoprì l’arte gardesana

Clementina Coppini
L’artista di Fontanellato fu intimo di Lombroso, De Amicis e Pellizza da Volpedo: intellettuale e artista raffinato, morì a Salò ove ora sono custodite sue opere
L’opera realizzata da Anton Maria Mucchi (1871-1945)
L’opera realizzata da Anton Maria Mucchi (1871-1945)
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Anton Maria Mucchi era bello, ricco, intelligente, pieno di talento. Era designer e regista ante litteram, antiquario, restauratore, archivista. Sapeva fare un sacco di cose e le faceva bene, ma il suo forte era la pittura. Soprattutto era un uomo libero. Certo, se lo poteva permettere, per cultura e possibilità economiche, ma anche per scelta.

Non amava la pubblicità e non aveva bisogno di vendere le sue opere. Frequentava gente come Cesare Lombroso, antropologo che s'illudeva di capire le persone dall'aspetto esteriore, ed Edmondo De Amicis, scrittore del libro Cuore. Era amico di Giuseppe Pellizza da Volpedo, autore del celeberrimo Quarto Stato (ciò la dice lunga sulle sue convinzioni).

La sua vita inizia a Fontanellato (Parma) nel 1871 e finisce a Salò all'inizio del 1945, pochi mesi prima della Liberazione. Un personaggio simbolo, un traghettatore vissuto tra la nascita dell'Italia e la fine della Seconda Guerra Mondiale: non vide né l'inizio del suo Paese, poiché era bambino, né la fine del percorso di morte e dolore che portò la sua patria alla democrazia.

Un quadro con due donne dipinte da Antonio (le sue sorelle) accoglie i visitatori all'ingresso del Musa di Salò, dove, in un'ampia sala con grandi finestre sul lago, sono conservati alcuni dei capolavori (è così che vanno definiti) di questo artista, tra cui La Passeggiata.

Gli otto personaggi compongono un grande, in tutti i sensi, ritratto di famiglia. Ci sono, a sinistra, la moglie Lucia Caterina (da cui avrà quattro figli, Gabriele, Anna, Leonardo e Ludovico) e l'amatissima figlia adottiva Nora, accanto alle quali stanno la sorella Maria con il marito, il filosofo Annibale Pastore. A destra ci sono il fisico Antonio Garbasso (suo carissimo amico) con la moglie, il fratello Francesco Mucchi e, a margine della tela, lui, Antonio. In realtà il quadro doveva essere ambientato a Torino e in mezzo doveva esserci una figura maschile, lo scultore Leonardo Bistolfi.

Invece Torino diventa una Venezia immaginaria e lo scultore viene sostituito da un leggiadro levriero, tenuto al guinzaglio Signora Mucchi. Sono tutti belli, eleganti e irraggiungibili (cane incluso), ma nell'insieme si legge la fine di un'epoca, come se i personaggi cercassero di comunicarti che loro sono così, ma si aspettano che tu sia diverso.

La moglie del suo migliore amico, in nero con una stola d'ermellino che pende dal cappotto, e la figliastra in rosso fissano lo spettatore. Una bambina e una donna ci guardano dal passato e ci chiedono di cambiare. Perforano con gli occhi il quadro per trasmetterci domande.

Le domande di Antonio, che, tra le altre cose, si occupò di rivalutare Gasparo da Salò, inventore del violino, il pittore Andrea Celesti e altri artisti, fino a quel momento sottovalutati. Purtroppo, per uno strano destino, a lui è capitata analoga sorte. Ora è tempo di rivalutare lui.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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