Verso le elezioni tanti pretendenti, poltrone dimezzate: corsa alle liste al via
Poche poltrone, poco tempo e tanti aspiranti candidati. L’estate elettorale mette sotto stress i partiti e li costringe a metabolizzare in fretta e furia la grande slavina che ha archiviato il governo di Mario Draghi. Si deve partire e si deve partire subito.
La tabella di marcia: i simboli al Viminale vanno presentati entro il 14 agosto; le liste, le firme, i candidati per i collegi uninominali nelle Corti d’Appello tra il 21 e il 22 agosto; il 26 agosto prenderà il via ufficialmente la propaganda elettorale, ovvero il mese di campagna elettorale prima del voto, quando i candidati e le coalizioni potranno affiggere i manifesti.
Nel frattempo, fino a che non si sarà insediato il nuovo Esecutivo, il Governo Draghi continuerà ad operare.
Archiviata la resa dei conti parlamentare, inizia lo showdown nei partiti: tutti, adesso, sono alle prese con lunghi elenchi da gestire, richieste, telefonate, mal di pancia preventivi. Dal centrodestra al centrosinistra, il termometro che segna «l’ansia da lista» è bollente. Il tutto incastrato nella coreografia dell’incertezza sul fronte alleanze.
I movimenti
«Ormai siamo disoccupati...». Tra i parlamentari in molti mascherano con sorrisi e battute la preoccupazione per il proprio destino. Lo sanno, è il debutto della tagliola sul numero dei rappresentanti: significa passare dagli attuali 14 parlamentari bresciani, ai futuri nove. (Anche) per questo le parole sono tanto misurate quanto caute: per ora, finché non ci saranno cioè le prime liste scritte nero su bianco, conviene mantenere sangue freddo, sorriso stampato e rapporti cordiali con tutti.
Sul fronte centrosinistra, il tema vero resta quello del perimetro della coalizione: Enrico Letta, giovedì, aveva messo le mani avanti smontando quel «campo largo» con il M5s che fino alla vigilia della crisi sembrava ancora la strada maestra. Il livello territoriale - chiarisce il segretario provinciale Michele Zanardi - sta già pianificando una road map di incontri per aprire il confronto sia con la direzione, sia con i circoli di zona: un percorso che guarda ai prossimi quindici giorni.
A scandire il via concreto saranno però le linee guida attese da Roma a stretto giro. Due, su tutte, quelle dirimenti: possibile costruzione delle alleanze e metodo di selezione del gruppo dirigente. Difficile, ma non ancora escluso, che si possano prediligere le primarie. In pole ci sarebbe il consigliere regionale Gian Antonio Girelli, ma anche su Alfredo Bazoli non ci sarebbero dubbi: con il suo lavoro sulla Giustizia la sua posizione a Roma si è cristallizzata; d’altro canto la sua corsa per il Csm è concreta, il che significa che alla fine di novembre potrebbe lasciare il banco libero.
Per questo gli occhi sono puntati sui posizionamenti in lista: il primo dei non eletti è un piazzamento ambito e la quota rosa per ora dovrebbero giocarsela l’on. Marina Berlinghieri e l’assessore in Loggia Miriam Cominelli, ma non si esclude che i territori possano indicare Cristina Tedaldi, alla guida dell’Acb.
Nel MoVimento, è partito il tam tam che a comporre le liste sarà Conte in autonomia, puntando a delle deroghe per il superamento del secondo mandato. Ma la spinta all’interno dei 5s guarda anche a recuperare il rapporto con il Pd.
Il tema delle alleanze si pone pure nel centrodestra. Fratelli d’Italia rilancerà due condizioni per ricompattare l’alleanza. La prima è un patto anti-inciucio, tradotto: basta con i governi giallo-verdi. La seconda è un asse solo con chi si riconosce nei valori del centrodestra, quindi «no a centrini» che poi - questa la tesi - giocano a spostare gli equilibri. Ma ci sono anche altre questioni da sbrogliare: come si compileranno le liste?
Per Fdi si deve partire dai sondaggi, non per gli altri partiti dell’alleanza. L’accordo per ora pare questo: per quanto riguarda i collegi uninominali il 33% rispettivamente a Fdi, Lega e Fi, con quest’ultimo partito che si farebbe carico della quota dei restanti compagini. «Quel 33% bisognerà considerare poi le fasce, Fdi e Lega potrebbero avere una corsia privilegiata...», osserva una fonte parlamentare azzurra. La discussione della coalizione è proprio sui criteri.
La nuova geografia
Quali sono i «punti cardinali» della nuova geografia elettorale? Senza considerare gli eletti all’estero, alla Camera si passerà da 618 seggi a 392 (400 complessivi), mentre al Senato il salto sarà dagli attuali 309 ai futuri 196 (200 complessivi).
E si voterà con il Rosatellum, un sistema elettorale misto, in parte proporzionale e in parte maggioritario. Nello specifico, un terzo dei seggi tra Camera e Senato sarà eletto in collegi uninominali (quindi tramite un sistema maggioritario), mentre i restanti due terzi saranno divisi tra i partiti rispettando i risultati percentuali ottenuti alle elezioni (tramite un sistema proporzionale).
Per la nostra provincia, alla Camera sono previsti tre collegi uninominali nei quali il candidato sarà eletto direttamente con il sistema maggioritario. In questo caso Brescia - rispetto al mosaico del 2018 - perde il collegio di Palazzolo, passando quindi da quattro a tre: restano Brescia, Lumezzane e Desenzano, con gli elettori di alcuni paesi della Bassa occidentale che voteranno a tutti gli effetti nel collegio uninominale di Cremona.
Guardando invece alla parte proporzionale dei seggi, assegnata con il meccanismo dei listini, Brescia potrà indicare 5 parlamentari, contro i sette della tornata elettorale precedente. Al Senato la tagliola è ancora più pesante: sarà un dimezzamento netto dei posti: ci sarà, infatti, un solo posto anziché due nell’uninominale, nel collegio di Brescia (cancellato quello di Lumezzane). Un secondo collegio uninominale è poi previsto in condivisione con Bergamo, nel quale rientra una popolazione bresciana di circa 500mila persone. Con il plurinominale i seggi assegnati tra Brescia, Bergamo, Cremona e Mantova saranno complessivamente sei.
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