Veronesi: il caso di Sofia confonde le famiglie

Sul caso della piccola Sofia e delle cure al Civile si pronuncia anche l'oncologo Umberto Veronesi
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Le regole della scienza «sono semplicemente regole, studiate per garantire la massima efficacia e trasparenza, e per evitare abusi da parte di qualche scellerato che tenti di sfruttare commercialmente la disperazione delle famiglie. La Sanità pubblica non lavora per il male della popolazione. Lo Stato non è un nemico».

Lo scrive sulla Stampa l’oncologo Umberto Veronesi a proposito dell’infusione di cellule staminali e del metodo Stamina.
«Le cellule staminali sono un tipico caso di overpromising della scienza - spiega -: l’entusiasmo a seguito di una scoperta può essere tale da far nascere troppe aspettative, o far sottostimare i tempi di applicazione».

Quando furono isolate per la prima volta negli anni ’90, ricorda, «pensammo di essere ad una svolta per tutte le malattie degenerative, per cui avevamo trovato una sorta di serbatoio di cellule di ricambio» ma «dopo 15 anni siamo ancora lontani da tutto questo». La ragione, aggiunge, «sta nella difficoltà e nella complessità delle procedure per ottenerle e utilizzarle».

Per Veronesi i casi di Sofia, degli altri bimbi trattati agli Spedali Civili di Brescia e altri casi simili «hanno drammaticamente confuso chi sta seguendo sperimentazioni cliniche sulle staminali, chi è in attesa di una cura che pare non arrivare in tempo, e in generale tutte le famiglie che hanno casi di malattie molto gravi». «Come medico e ricercatore - afferma - rimango convinto che i pazienti debbano seguire le terapie sperimentali certificate dagli enti di sorveglianza, come l’Aifa e l’Istituto Superiore di Sanità, e che gli ospedali debbano seguire le indicazioni di questi organismi che hanno omologhi in ogni Paese civile».

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