Veleni nella falda, la Caffaro non ha mai smesso di inquinare

La barriera idraulica della Caffaro ferma solo parzialmente gli inquinanti, bisogna rifarla. Sotto l'azienda pcb, cromo, solventi e mercurio
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È un po' come il nonno della barzelletta: crede di essere una lampadina, e non va bene, ma i suoi familiari non lo fanno curare perché temono di rimanere al buio. Solo che in questo caso non c’è niente da ridere: la barriera idraulica nella falda sotto la Caffaro (da non confondere con i pozzi da cui viene pescata l’acqua che esce dai rubinetti di casa) non è in grado di fermare i veleni presenti nel terreno e nelle acque sotto l’azienda. Non è nemmeno una barriera idraulica ad hoc, ma dal 2004, tre anni dopo l'esplosione del caso pcb, si è comunque puntato su questo argine parziale perché non c’erano altri sistemi per trattenere pcb, mercurio, cromo o solventi. Ora bisogna cambiare.

Il tema è emerso durante la seduta della commissione parlamentare Ecomafie, dedicata alla situazione del Sito di Interesse Nazionale Caffaro. L’emungimento della falda va implementato con nuovi pozzi da cui pompare acqua, è stato detto. Non solo: le acque raccolte non vengono depurate correttamente prima di finire nella roggia Fiumicella e anche questo non va bene. Il sito industriale è di proprietà della Caffaro Chimica Srl, ritenuta responsabile dell’inquinamento, messa in liquidazione e attualmente in amministrazione straordinaria. La produzione dal 2011 è nelle mani della newco Caffaro Brescia Srl, appartenente al gruppo Società Chimica Emilio Fedeli e attiva nel ramo composti chimici, come cloruro di sodio, ipoclorito di sodio e calcio cloruro.

A questa azienda è affidato il compito di raccogliere le acque di falda e di trattarle, ma il lavoro non è sufficiente. Questo perché la barriera idraulica sfrutta il sistema di sette pozzi usato storicamente dall’industria di via Milano per le proprie lavorazioni, senza che sia stato studiato un meccanismo dedicato al caso specifico. In più, vengono trattate soltanto le acque provenienti da una coppia di pozzi, il numero due e il numero sette, per ripulirle da pcb e mercurio. Ma nel 2015 l’Arpa ha certificato la presenza proprio di policlorobifenili e mercurio nelle acque scaricate dall’azienda, assieme a cromo esavalente e solventi clorurati. Dunque la barriera idraulica è inutile? No, perché ferma quantità significative di pcb (21 chilogrammi nel 2014, ad esempio). È però indubbio che sia inefficiente, visto che non è progettata per le caratteristiche specifiche della falda presente sotto la Caffaro.

«I pozzi hanno caratteristiche costruttive che non rispondono ai criteri di una barriera idraulica efficace - dice Anna Pastore, direttrice dell’Arpa di Brescia -. Sarebbe utile riprogettarla in base alle caratteristiche idrogeologiche e chimiche dell’acquifero» .

Il Ministero dell’Ambiente e la Provincia hanno chiesto alla Caffaro Brescia Srl di rivedere il metodo di raccolta e trattamento, ma la società ha risposto «con un ricorso al Tar ancora pendente», come spiega Miriam Cominelli, deputata Pd della commissione Ecomafie. In attesa dei giudici, sottolinea Cominelli, è utile quanto fatto da Loggia e commissario al Sin Caffaro, Roberto Moreni, «con il bando che richiede di mettere in sicurezza una volta per tutte la questione della falda nel sito industriale». Non serve più un nonno, insomma, serve una lampadina vera. Altrimenti si resta al buio. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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