Una nonna tra le ortensie
Penso sia sbagliato parlare di fiore preferito, la natura è talmente ricca e meravigliosa che è impossibile fare una classifica. Come puoi decidere tra l’eleganza di una rosa e la dolcezza di un mughetto? Tra la disarmante bellezza di una margherita e l’inarrivabile snobismo di un tulipano?
Non si può. Detto questo, il mio fiore preferito è l’ortensia. La adoro. Generosa nel trionfo di colore, umile nel richiedere pochissime cure: necessita soltanto della giusta quantità di acqua, ambisce essere messa a dimora a mezz’ombra, ama il terreno acido. Si riproduce per talea con grande facilità. Insomma, per il giardiniere è una compagna ideale. Ovviamente le ortensie vanno potate con perizia, ogni anno i rami vanno accorciati e sfoltiti con attenzione. Io preferisco intervenire prima che arrivi la primavera, quando l’inverno è ormai alle spalle e il clima inizia a farsi piacevolmente tiepido.
Di anno in anno ho acquisito sempre maggiore maestria nei miei interventi di potatura, con ogni ortensia ho un rapporto personale:la forma che avrà durante l’estate è frutto di uno studio attento, nulla è lasciato al caso. Nei giorni scorsi, approfittando di una rara libertà dagli impegni, sono sceso in campo: cesoie lucide e tanto entusiasmo. E cosa scopro? Che tutte le ortensie erano già state potate. Chiedo lumi a mia nonna, classe 1930. Non avrai chiamato qualcuno? E lei: só stàda mé. Tu? Quando? Giöna per matìna, lìe mìa sö a le nöf e g’hó mìa pora del frèt. E dire che mi accusano di essere il suo nipote preferito, pensa se non lo ero.
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