Una foto che mi interroga

È una foto razzista? Può essere vista come tale? È razzista il fatto di pensare che sia razzista?
Questa può essere considerata una foto razzista? - Foto Emanuele Galesi © www.giornaledibrescia.it
Questa può essere considerata una foto razzista? - Foto Emanuele Galesi © www.giornaledibrescia.it
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Lo vedo mentre incolla accanto all’ingresso di un negozio il cartello «chiuso per ferie», proprio vicino alla scritta «divieto di affissione». Sorrido e fotografo la scena. «La pubblico su Instagram», penso, ma poi mi blocco: l’attacchino improvvisato è di colore e mi viene il dubbio che qualcuno possa interpretare la foto come un modo per dire «i neri non sanno leggere» o «i neri se ne fregano delle regole». È una foto razzista? Può essere vista come tale? È razzista il fatto di pensare che sia razzista? Aiuto.

Ci ripenso ora che un fotografo vero e purtroppo scomparso, Gian Butturini, è accusato di razzismo assieme a un illustre collega, Martin Parr, per la foto di una donna di colore affiancata a un gorilla nel suo «London», uscito nel 1969 e rieditato tre anni fa da Damiani. Basterebbe dire «animale in gabbia», ad esempio, al posto di gorilla per spostare il senso dell’accostamento, ma ormai è tardi e quel libro rischia di essere distrutto.

Anzi, è come se fosse già al macero, con buona pace di chi lo difende: come ci si libera da un’accusa simile? In pieno Black Lives Matter, peraltro. La cultura della cancellazione poggia su certezze granitiche: non ammette repliche, così come l’accusatrice di Butturini e Parr, una studentessa inglese di colore. Per fortuna ho una copia del libro, ma non mi consolo. E la mia foto? È lì che mi interroga. Dev’essere così che funziona lo psicoreato.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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