Un patrimonio di eventi in attesa di una «rete» che ne raccolga l’eredità
La Capitale della Cultura? Per ora negli occhi, in attesa che si radichi nel cuore.
Perché se è ormai chiara a tutti la visibilità a livello nazionale e internazionale garantita dal titolo - basta fare un giro nel centro cittadino, anche in questi giorni invaso da scolaresche in gita, gruppi di visitatori da ogni parte d’Italia, famiglie che parlano le lingue di tutta Europa (e oltre) -, la scommessa è «stabilizzare» anche tra i cittadini della Capitale la consapevolezza di esserlo, anche oltre il 2023.
Diciamocelo, la grande maggioranza degli «eventi» programmati per l’Anno della Cultura sarebbero stati comunque programmati - i grandi festival, le stagioni teatrali e musicali, le grandi mostre... - e la Capitale della Cultura ha garantito e garantirà loro una vetrina inedita. Anche per gli stessi bresciani (e bergamaschi) che - lo dimostra il sondaggio che presentiamo in pagina - stanno rispondendo in massa e volentieri alle proposte, dimostrando in questo modo anche l’orgoglio e il desiderio di conoscere e gustare meglio il proprio patrimonio storico-artistico.
Il salto di qualità che si augura possa essere fatto, anche grazie a quest’anno speciale, è che il desiderio di conoscenza e partecipazione - un po’ da osservatori esterni - si trasformi in consapevolezza e senso di appartenenza, da veri protagonisti. Che il patrimonio messo in luce dalla Capitale, insomma, diventi una volta per tutte valore acquisito e da mettere a frutto.
In che modo? Con una locuzione che sta diventando di moda, «facendo rete». Già si è aperta la porta ai «cugini» bergamaschi, che visti da vicino ci assomigliano più di quanto eravamo portati a pensare fino ad oggi. Bergamo dista solo 60 chilometri, e con il territorio orobico condividiamo, oltre che una larga fetta di storia, anche un tessuto economico, sociale, culturale molto simile. È venuto naturale quindi stabilire connessioni tra associazioni, gruppi, enti chiamati ad operare per la Capitale della Cultura. Un patrimonio di scambi e condivisione che va mantenuto e arricchito anche oltre il 2023.
Non solo: la «rete» va stesa sul nostro territorio, rompendo una volta per tutta la «ritrosia» - chiamiamola così - che porta noi bresciani a lavorare sodo, sì, ma sempre un po’ in sordina e senza esibire la nostra operosità e generosità oltre il piccolo recinto di amici e conoscenti. Siamo capaci di grandi cose - la solidarietà durante la pandemia, poi con la guerra in Ucraina, e in tante altre grandi e piccole occasioni lo ha dimostrato e lo dimostra quotidianamente -, un po’ meno siamo capaci di raccontare e far conoscere quello che facciamo.
Occorre imparare a metterci in mostra. Non per vanagloria, ma perché solo la conoscenza e la condivisione possono moltiplicare l’efficacia dei progetti, e garantire che la Capitale della Cultura produca frutti in tutte le stagioni.
@Buongiorno Brescia
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