Un panino con vista Loggia? Solo per chi si siede al bar

Nelle piazze monumentali mancano le panchine 400 sedute in centro, ma in luoghi poco strategici
Tavolini e gradini. Piazza Loggia: l’alternativa ai tavolini dei bar sono i gradini del monumento alla Bella Italia
Tavolini e gradini. Piazza Loggia: l’alternativa ai tavolini dei bar sono i gradini del monumento alla Bella Italia
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Due chiacchiere accovacciati sul gradino che attraversa largo Formentone. Un’occhiata alla mappa di Brescia, sgranocchiando un panino sistemati alla meglio sul bordo dell’aioletta di corso Zanardelli, in faccia alle panchine inondate dal sole. Provvisori - sfidando le multe - sul basamento a gradoni del monumento alla Bella Italia, in piazza Loggia. Sono i bivaccanti bresciani della panchina che non c’è. O meglio, della panchina che c’è, ma non nel posto giusto. 

Poco più di 400 posti a sedere gratuiti all’interno del perimetro delle mura venete - questa la stima a occhio, escludendo i giardini lungo il ring e il parco del Castello - destinati ai turisti col panino nello zaino, agli studenti in pausa pranzo, agli anziani che fanno due passi, a chiunque voglia sostare un attimo senza sottostare all’obbligo di ordinare un caffè al bar. Nemmeno una panca nelle tre piazze principali, se si escludono le sedute inamovibili incastonate sotto l’arengario di piazza Vittoria e addossate ai pilastri sotto la Loggia, parte integrante di monumenti progettati quando sedere «a scrocco» non era un delitto.

«Tutte le panchine sembrano oggi in via di estinzione, come se la loro gratuità (la loro grazia) nel nuovo orizzonte del welfare fosse assolutamente da bandire», commenta lo scrittore Beppe Sebaste nel piccolo saggio intitolato appunto «Panchine» (Laterza, 2008), vero inno all’elemento di arredo urbano immortalato pure nei film, da «Manhattan» di Woody Allen a «Forrest Gump».

«Se non si è anziani, donne incinte o con carrozzina - prosegue Sabaste - chi sta seduto su una panchina è poco raccomandabile». Sfaccendati da non assecondare, come testimonia la sparizione delle panchine in città: emblematico il caso di largo Formentone, ora in attesa di risarcimento.

Che la panchina sia ormai un residuato architettonico, o puro arredo, lo si legge nella localizzazione nostrana delle sedute: la maggioranza si divide tra quelle antiche di marmo, senza schienale (7 in piazzetta Tito Speri, 3 in piazzetta Vescovado, 4 davanti alla Pinacoteca, 3 in piazza Santa Maria Calchera) e le panche di design che riempiono il vuoto delle nuove piazze (in piazzetta San Domenico, nei giardini dietro l’Inps dove sono divenute bivacco per senzatetto, in via Gramsci in forma di panche-fioriere senza occupanti).

Se in corso Palestro e corso Zanardelli resistono le massicce sedute in legno della prima pedonalizzazione, l’onore di panche ad hoc l’hanno avuto solo piazza del Mercato (8 sedute) e piazza Tebaldo Brusato (ben 19) mentre l’aperitivo si beve in piedi al Carmine e in piazzale Arnaldo, e nelle piazze monumentali o si sosta ai tavolini dei bar, o ci si accontenta di gradini di fortuna. Che sia l’ora di pensare a una «città da godere seduti»?

 

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