Ucraina: il dolore in ottomila famiglie che vivono nel Bresciano

In 192 Comuni della provincia vivono cittadini ucraini: «Tutta la provincia soffre per questa nostra guerra»
Domenica in piazza a Brescia per dire no alla guerra - Foto © www.giornaledibrescia.it
Domenica in piazza a Brescia per dire no alla guerra - Foto © www.giornaledibrescia.it
AA

Non possiamo dirci estranei a quello che sta accadendo in Ucraina. Non tanto, e non solo, perché una guerra nel cuore dell’Europa, oltre al tributo di sangue e di sofferenza che su sta trascinando dal 2014, potrebbe ulteriormente compromettere un’economia già pesantemente colpita dalla pandemia, ma anche perché, con quel popolo, abbiamo un rapporto familiare ed amicale frutto di una loro presenza pluridecennale nelle nostre case e nelle nostre vite.

Gli ucraini nel Bresciano

La popolazione residente in provincia di Brescia proveniente dall’Ucraina al primo gennaio 2021 è pari a 7.919 persone, il 5,1% di tutti gli stranieri residenti. Brescia è la seconda provincia lombarda, dopo Milano (con 54.754 presenze) per numero di residenti. I dati tengono conto dei risultati del Censimento permanente della popolazione dell’Istat. Nel Bresciano la comunità ucraina è al sesto posto, preceduta da Romania, Albania, India, Marocco e Pakistan. Se ci si ferma all’immigrazione dall’Europa, invece, è al terzo posto dopo Romania e Albania. La maggior parte proviene dalla zona occidentale del Paese. Una comunità il cui numero, almeno nel Bresciano, si è mantenuto costante nel tempo (nel 2015 era di 7.813 persone, oggi è di 7.919) anche se con una grande mobilità. E che è radicalmente diffusa su tutto il territorio, tanto che in 192 comuni su 204 vivono persone di origine ucraina (vedasi tabella a destra).

In città e in provincia

Brescia, come è ovvio, fa la parte del leone, con oltre tremila presenze, seguita da Desenzano e Palazzolo. In una decina di comuni, il censimento ha registrato un solo residente originario dall’Ucraina. Sarebbe più corretto dire «una sola» residente, dal momento che l’80% degli immigrati da quell’area dell’Europa è di sesso femminile. Donne, almeno quelle di prima generazione, particolarmente impegnate nella cura della persona anziana in quello che è stato rinominato «welfare transnazionale». E se a livello bresciano e lombardo il numero ha raggiunto una sua stabilità, non altrettanto accade a livello nazionale dove le presenze ucraine sono raddoppiate negli anni, passando da 120mila nel 2006 a circa 240mila nel 2016. Nel 2020 i nuovi ingressi sono stati circa tremila, la metà rispetto al periodo precedente a causa della pandemia.

Una stabilità che aumenta il tasso di occupazione, superiore a quello di italiani ed altre nazionalità, che vede occupate 66 donne su 100 soprattutto nel lavoro di cura.

Lavoro irregolare

Un lavoro non facile che viene in gran parte ancora svolto in nero, senza un contratto e senza garanzie. L’ultima sanatoria, dedicata a lavoro domestico e braccianti, non è servita a regolarizzare il fenomeno delle «badanti», tant’è che, secondo una stima della Cisl, il 40% di loro lavora in nero. L’Italia è il primo Paese europeo, con il 28% di residenti nell’Unione, per presenza di cittadini ucraini e gran parte di loro ha un permesso di soggiorno di lungo periodo, con una fetta significativa di coloro che sono emigrati nella seconda metà degli anni Novanta che è naturalizzata italiana. Dai dati Istat, nel 2021 le ucraine residenti nel nostro territorio hanno un’età compresa tra i 15 e i 64 anni, con percentuali poco significative di bambini e anziani. Molte ucraine, del resto, sono emigrate da sole e, con il loro stipendio, contribuiscono allo studio dei figli e al mantenimento della famiglia.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato