Uccise il ladro, alla base una «cultura giustizialista»
«Nel decidere di affrontare i ladri con un fucile Mirco Franzoni ha posto in essere un'azione gravemente azzardata di stampo venatorio, probabilmente indotta dalla consuetudine e dimestichezza con l'uso delle armi e forse anche, da un autoctono fattore culturale giustizialista».
Lo scrive il presidente della Corte d'Assise Roberto Spanò nelle motivazioni della condanna a nove anni e quattro mesi nei confronti del 33enne che il 14 dicembre 2013 a Serle uccise in strada il ladro di origini albanesi Eduard Ndoj che qualche ora prima entrato a casa del fratello.
«Tra le certezze emerse - scrive la Corte - c'è che Mirco Franzoni quella sera ha esploso non un colpo di fucile, bensì due». Il primo porobailmente in aria per spaventare i ladri in fuga e il secondo all'indirzzio di Ndoj.
Il 33enne di Serle si è sempre difeso: «Non volevo uccidere, è partito un colpo». Ma per i giudici la tesi definsiva del «colpo accidentale» non ha retto di fronte agli atti rpocessulai.
«Il primo e fondamentale dato che smentisce la tesi dell'incidente - si legge nelle motivazioni - è quello della tipologia di ferita. Franzoni - secondo i giudici - ha agito in una situazione che rendeva evidente la necessità di un intervento dei carabinieri e con un impulso bellicoso autoreferenziale disancorato da una disamina ragionata della realtà».
Infine l'ultima valutazione: «Franzoni nel compiere uan valutazione tra due interessi, il recupero della refurtiva di cui perlatro non era il titolare e l'intergrità fisica della vittima, ha consapevolmente privilegiato il primo a discapito del secondo, trascurando l'abissale divario esistente tra valori per loro natura non assimilabili e finendo così con il sopprimere una vita umana».
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