Uccisa a Castegnato, l'assassino è indagato anche per calunnia

Ezio Galesi accusò falsamente Elena Casanova e il suo nuovo compagno di frodi fiscali in una lettera alla Polizia
Elena Casanova, la vittima, e Ezio Galesi, l'omicida: sullo sfondo il luogo dell'aggressione fatale - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Elena Casanova, la vittima, e Ezio Galesi, l'omicida: sullo sfondo il luogo dell'aggressione fatale - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Prima di ucciderla a martellate cercò di farla finire in un mare di guai con la giustizia. Scrisse una lettera alla Squadra Mobile della Polizia - un’altra l’aveva nel cassetto pronto a farla recapitare in Procura - accusandola falsamente di far parte, insieme al nuovo compagno, di un’organizzazione specializzata nella produzione di fatture per operazioni inesistenti. Lo ha scoperto, nel corso delle indagini per il femminicidio consumato il 20 ottobre dello scorso anno, il sostituto procuratore Carlo Pappalardo, che lo ha indagato anche per calunnia.

Ezio Galesi, il 59enne arrestato con l’accusa di aver ucciso Elena Casanova attorno alle 19 di quella sera, potrebbe essere a processo entro l’estate. Il pubblico ministero è prossimo alla chiusura delle indagini: deve solo decidere se chiedere una consulenza psichiatrica a carico dell’indagato ed attende di avere per le mani la relazione a firma del comandante del Ris di Parma cui affidò l’esame della scena del crimine e dei corpi di reato.

Il dolore per il femminicidio di Elena Casanova - © www.giornaledibrescia.it
Il dolore per il femminicidio di Elena Casanova - © www.giornaledibrescia.it

Galesi, in carcere da allora, interrogato nell’immediatezza del femminicidio dell’ex compagna, ammise la sua responsabilità e disse di aver avuto un raptus, di non averci più visto, di non essere stato in sé. Circostanza questa che potrebbe indurre l’accusa - secondo le aspettative del suo difensore - a chiedere un approfondimento psichiatrico. Nel fascicolo il pm però ha raccolto elementi di prova che sembrerebbero confliggere con questa ipotesi.

Gli inquirenti hanno ragione di ritenere che quel pomeriggio Galesi pianificò il femminicidio della 49enne operaia che da una quindicina di anni viveva a Castegnato: non si limitò a seguire gli spostamenti dell’ex compagna, ma pensò anche a procurarsi un’arma. Il pm è convinto che il martello scagliato a ripetizione contro il cranio della donna non fosse già sull’auto di Galesi quando i due si incontrarono, ma che lui passò a prelevarlo da casa con l’idea di utilizzarlo nel più devastante dei modi. Difficile perciò ipotizzare un raptus e sostenere la necessità di un approfondimento psichiatrico.

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