Ubriacarsi per caso, anche a undici anni
Brividi. Che si provano nel leggere dati che inquietano, perché dietro il freddo numero si nasconde il dramma di una persona - spesso poco più che bambina - che rincorre fin nel fondo di una bottiglia euforia e compagnia. Un «gioco» che coinvolge almeno l'1% degli undicenni, il 2,5% dei tredicenni e il 5,7% dei quindicenni. Ragazzini che hanno dichiarato di essersi ubriacati almeno una volta nell'ultimo anno.
E che, poi, diventano un problema. Per loro stessi, per la famiglia e per la società. Ne sono testimoni i fatti di cronaca di lunedì pomeriggio nei pressi del parco Tarello di Brescia Due, che hanno visto un gruppo di ragazzini completamente ubriachi scatenarsi con una violenza incontrollabile nei confronti di una persona innocente.
Ma ci sono altri dati, inquietanti. Tra i quindicenni, l'1.7% dei maschi e il 2,3% delle femmine si sono ubriacati nell'ultimi mese. E nella fascia di età tra gli undici e i 25 anni il 20% dei maschi e il 10% delle donne «beve a rischio». «L'alcolismo occasionale, che poi diventa abituale, è in costante aumento - spiega Fabio Roda, responsabile del Servizio di Alcologia dell'Asl di Brescia diretta da Carmelo Scarcella -. Aumentano le ubriacature fuori pasto, spesso in solitudine, nella grande illusione che questo serva a diventare più euforici o ad avere la forza per socializzare ed avere più amici».
Bere al di sotto dei sedici anni, oltre a causare una serie di guai visibili all'adolescente - che si ubriaca in fretta perché non è bevitore stabile - costituisce anche un grave pericolo per lo sviluppo del cervello. In questa fascia di età, infatti, esso non ha ancora completato il suo sviluppo. Infatti, anche se il numero di neuroni è già definitivamente stabilito fin dalla prima infanzia, continua a presentarsi, fino all'adolescenza, un fenomeno che si chiama «plasticità neuronale» che regola le funzioni cognitive, emotive e del comportamento. «Giovanissimi estremamente vulnerabili, dunque - continua Roda -: bere cinque o sei drink in pochissimo tempo provoca gravi disturbi in chiunque, figuriamoci in un adolescente. Questi episodi, se ripetuti, lasciano un impronta nel cervello ed aprono a rischi futuri. Quello che ci preoccupa è proprio la crescita dell'abitudine del bere a rischio, ovvero farlo solo per sballare, in età molto precoci».
È possibile contenere questo fenomeno? «A fronte di questa situazione, i nostri servizi vedono pochissime persone, nell'ordine di meno dell'1% al di sotto dei vent'anni - continua Fabio Roda dell'Asl -. Per questo, bisogna lavorare sulla prevenzione. Siamo presenti nelle scuole, con progetti mirati ad aumentare le abilità sociali, filtrati da adulti ed educatori. Ma ci siamo anche nelle scuole guida: durante l'anno in Val Trompia e nella Bassa bresciana, il prossimo a Brescia e a Salò. Ed abbiamo sottoscritto protocolli con gli ospedali per sensibilizzare i medici e gli operatori dei pronto soccorso ad informare le persone che hanno bevuto troppo a rivolgersi ai Nuclei operativi alcologia presenti su tutto il territorio della nostra provincia».
Il dottor Roda non è ottimista. Anzi. «Il consumo di alcol è destinato ad aumentare perché costa poco, al contrario di altre sostanze che hanno subito una battuta d'arresto a causa della crisi. Ma l'alcol, tuttavia, continuerà ad essere, soprattutto tra i giovani, la sostanza ponte verso il consumo di altre droghe; non a caso, sono bevitori quasi tutti i tossicomani».
Anna Della Moretta
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