Tutte le donne sono madri, di qualcuno o di qualcosa

Per onorare questo privilegio che la natura ci ha donato, possiamo ripercorrere dentro la scatola del tempo una storia che ci appartiene
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Da sempre, sono convinta che tutte le donne sono madri, di qualcuno o di qualche cosa. Lo siamo tutte senza distinzione, mamme di figli, di idee o progetti da realizzare. Per onorare questo privilegio che la natura ci ha donato, possiamo ripercorrere dentro la scatola del tempo una storia che ci appartiene. La festa della mamma è nata in America nel 1870; adottata in Italia durante l’epoca fascista la prima «festa della madre e del fanciullo» venne celebrata nel 1923 con l’intenzione di premiare le donne-fattrici meritevoli di avere donato più figli alla Patria.

Sospesa durante la guerra fu ripristinata negli anni Cinquanta, nella caratteristica connotazione commerciale conosciuta che nulla toglie al piacere di ricordare la figura materna. La ricerca porta in oriente dove sembra abbia avuto origine il «fiocco nascita», nastri di seta blu annodati come amuleti per creare legami protettivi e scaramantici fra le divinità e i bambini (maschi).

Nel Vecchio Continente il fiocco nascita sembra indirettamente collegato alla grave carestia che colpì il nord Europa nel 1315, dove la penuria di cibo fu tale che si verificarono anche atti di cannibalismo. In occasione del parto, la gente stremata dalla fame rompeva i tabù e si nutriva della placenta, che già al tempo si sapeva ricca di proteine e sostanze nutrienti. Poiché nel tentativo di conquistarla spesso si scatenavano risse, si scelse di lanciarla sui rami più alti per eliminare malumori e differenze fra i poveri affamati.

Sugli alberi, la placenta seccandosi prendeva la forma di un piatto e il cordone ombelicale che ondeggiava al vento poteva ricordare un nastro. Forse quelle placente sottratte alla fame si sono trasformate nei «bonheur» di nascita, le moderne coccarde rosa o azzurre legate alle testate dei letti nei reparti di maternità e sui portoni di casa per annunciare il lieto evento di una nuova vita.

Con malcelato senso di disgusto riferisco che la pratica di cibarsi della placenta non sembra essere caduta totalmente in disuso e, vista l’abbondanza di cibo oggi disponibile, non posso che metterla in relazione a certi riti propiziatori primitivi. Essere madri, appartiene alla meravigliosa storia d’amore tramandata nel tempo dall’Uomo, perpetuata attraverso il linguaggio della natura che si rinnova ad ogni nascita. La vita ha il portone aperto ma legami invisibili e indissolubili uniscono per sempre ogni mamma alla sua «creatura».

 

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