Truffa del latte: «Indagini sbagliate». Assolti 34 imputati

Gli allevatori e il dirigente dello Zooprofilattico erano accusati di aver falsificato analisi per frodare l’Unione Europea
L’analisi del latte all’Istituto Zooprofilattico
L’analisi del latte all’Istituto Zooprofilattico
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«Un equivoco, un grosso equivoco nella comprensione dei meccanismi che portano l’ente pagatore, in questo caso l’Ue, a fornire i contributi. Ogni accusa è destituita di fondamento. Sono estremamente sereno nel chiedere l’assoluzione di tutti gli imputati per tutti i capi di imputazione, con la formula più ampia, perché il fatto non sussiste».

Tempo un’ora e la richiesta del pubblico ministero Antonio Bassolino, cui si sono associati, senza proferir verbo, i difensori dei 34 imputati, si trasforma in realtà. «Le truffe non sussistono, i falsi non costituiscono reato» dice il giudice Maria Chiara Minuzzato dopo la camera di consiglio. L’inchiesta per i presunti illeciti commessi tra il 2015 e il 2016, in concorso tra loro, dal direttore del Centro Latte dell’Istituto Zooprofilattico di Brescia Giuseppe Bolzoni e i 33 allevatori rinviati a giudizio, cinque anni dopo il suo avvio, si chiude con un nulla di fatto.

Il pubblico ministero, che ha ereditato il fascicolo dal collega Ambrogio Cassiani ad indagini chiuse e processo avviato, nel corso dell’udienza di ieri ha candidamente ammesso i punti deboli della ricostruzione secondo la quale gli imputati si erano accordati tra loro per aggiustare le analisi del latte in modo da conseguire indebitamente circa 200mila euro dall’Unione Europea. «Non c’è prova di arricchimento di alcuno - ha spiegato il pubblico ministero - e se non c’è guadagno è difficile ipotizzare le truffe contestate. Quanto ai falsi vi è da dire che un merito il processo comunque lo ha avuto - ha proseguito Bassolino -: ha chiarito il meccanismo attraverso il quale lo Zooprofilattico rilasciava certificati apparentemente falsi».

Secondo l’accusa, almeno nella sua versione originaria, Bolzoni permetteva agli allevatori di correre ai ripari in caso di analisi non in linea con i parametri richiesti e di farlo fuori dai tempi previsti, retrodatando alcuni campioni. Nel corso del processo lo stesso Bolzoni ed altri testimoni hanno spiegato che il ricorso a campioni di latte di recupero, in modo da rimediare analisi negative, era facoltà degli allevatori e che, in termini statistici, oltre ad essere applicata in pochissime occasioni, non aveva in alcun modo favorito gli allevatori. Non solo. L’incogruenza fra le date di analisi e prelievo dei campioni di recupero non era frutto dell’intenzione di falsificare le carte e l’iter del finanziamento comunitario, ma frutto di un bug nel software con il quale era gestito il milione di prelievi dallo Zooprofilattico di Brescia; figlia di un errore di progettazione del programma che i responsabili del centro avevano denunciato più volte, ma senza successo. Almeno sino a ieri.

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