Travolto quattro mesi fa, il rider è ancora in cura: «Le auto ti passano sempre vicinissime»
Non solo i pedoni. Anche i ciclisti sono utenti deboli della strada e, come i ragazzi che vanno a scuola, anche i rider in bici non hanno alternativa per lavorare. Riccardo, 52 anni, a giugno era stato investito mentre effettuava una consegna in bicicletta per conto di una delle multinazionali del cibo a domicilio.
Quattro mesi dopo l’incidente come sta?
«Cammino ancora con le stampelle e ho un fissatore nella gamba. Per un altro mese ho la fisioterapia a domicilio, cerco di camminare anche se fa male. Sono stato tre settimane in terapia intensiva, quando mi sono svegliato non mi ricordavo neppure l’incidente. Però adesso ne sto parlando con Lei, mi è andata bene a differenza purtroppo di altri».
Lei con la bici ci lavorava, come vedeva la convivenza sulla strada?
«Io ho lavorato anche in paese e anche con la macchina. Con la bici è tutto più pericoloso perché le auto ti passano sempre ad un pelo, servirebbero i cartelli che invitano a mantenere la distanza. In centro però è più facile perché ci sono solo gli autobus e gli autisti stanno attenti. Fuori, con i camion e i furgoni, è tutto più complicato. Ogni lavoro ha i suoi rischi e per noi l’incidente è un pensiero sempre presente. Ma fino a quando non mi è successo non credevo potesse succedere proprio a me».
Non è un ragazzino eppure fa le consegne in bici.
«Ho trovato solo questo lavoro, lo ho fatto anche perché mi piace pedalare. Ma dopo l’incidente che ho avuto rifletto ogni giorno. Quando sarò in condizioni di tornare cercherò una zona dove si possano fare le consegne con l’auto, anche se mi dovrò pagare la benzina e avrò quindi meno guadagno. Nell’auto mi sentirei più sicuro, con la bici ho ancora paura».
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