Torre Tintoretto, ultime ore a colori prima dell’addio
E alla fine, ha ceduto. La torre Tintoretto di San Polo con le sue righe colorate da oggi non ci sarà più. Vinta dalla sfida dalla Brescia futura e dai suoi progetti di modernità, l’ultimo «monolite» del grattacielo si prepara alla resa: si sgretolerà in una montagna di macerie stretto dalle mastodontiche braccia meccaniche - guidate dagli operai della Vitali Spa - che, pezzo dopo pezzo, stanno rosicchiando il palazzone ormai da mesi.
Un sollievo agognato per alcuni, una nostalgia amara per altri. Perché - nel bene e nel male - la torre stava a rappresentare non solo «un» simbolo per la città, ma «il» simbolo di una visione urbanistica ben precisa, un’urbanistica sociale, chiassosa e complessa certo, ma altrettanto certamente popolare, un’urbanistica che nasceva dalla volontà di fornire risposta a un’esigenza: la «fame» di case a prezzi accessibili.
Cambia lo skyline
Adesso a cambiare radicalmente è anche lo skyline di quello spicchio di Brescia disegnato dai confini del quartiere San Polo: nel piano sequenza iniziale, cadenzato proprio dalle cinque torri (restano la Michelangelo, la Tiziano, la Raffaello e la «gemella» della Tintoretto: la Cimabue), rimane ora un vuoto. Lo spazio sarà riempito dal nuovo progetto che rimpiazzerà d’ora in avanti le storie - molte disperate, altrettante di sollievo, ma tutte di vita - di centinaia di famiglie con la moderna frontiera dell’housing sociale.Il progetto firmato Redo Sgr non riprodurrà il grattacielo: i vecchi 18 piani si «scomporranno» in sei edifici pronti ad accogliere circa 270 appartamenti. Cantieri, quelli della ricostruzione, che si metteranno in moto a partire dall’estate e che hanno l’ambizione di vedersi conclusi entro due anni. Un osso duro, la «signora Tintoretto»: del suo addio si è iniziato a parlare nell’estate del 2008, ma è crollata - lottando fino all’ultimo - solo ora, tredici anni e mezzo più tardi. Riuscendo in tutto questo tempo a non fare mai smettere la città di interrogarsi su se stessa.
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