Ti sposo controvoglia in «articulo mortis»
Michela Murgia dice di essersi sposata di controvoglia in «articulo mortis». Non sta fingendo di essere sul punto di morire, come fece Filomena Marturano, per essere unita in matrimonio senza fare le pubblicazioni. La scrittrice ha annunciato le sue nozze con Luciano Terenzi con un video su Instagram ma non desidera ricevere auguri poiché non esiste un modello di unione in cui lei si riconosca. In merito ha dichiarato: «Non saremmo ricorsi a uno strumento patriarcale e limitato se avessimo potuto garantirci i diritti a vicenda».
Lei 51 anni e il marito 35 hanno firmato il registro con un atto che intendono come un manifesto politico per affermare che la famiglia queer ha varie forme. La sua è un’idea di famiglia elettiva composta da sposi e spose, da fidanzati e fidanzate, da figli partoriti dall’anima. Tutto per lei ha un significato preciso, il suo anello nuziale rappresenta una rana e lo ha scelto «perché è un animale di terra e di acqua, sempre pronto al salto e quindi al cambiamento».
Bisogna ammettere che Michela Murgia ha un’incredibile capacità comunicativa e sa farsi ascoltare. Sempre sui bastioni in difesa della sua ideologia e urticante verso coloro che non la pensano come lei, tuttavia la sagacia e la sua cultura hanno sempre esercitato un’attrattiva trasversale.
È una donna forte che non teme di mostrarsi con il pallore e i segni della malattia che la sta consumando. Esibisce la sua testa calva, senza foulard né parrucca. Si è data in pasto ai social a piccoli morsi condividendo pensieri, flebo e una pacata rassegnazione verso il destino. Il suo racconto umano è fatto di attimi di tenerezza, di ricordi, amicizie e amori dai confini allargati difficili da comprendere per le persone che faticano a mantenere rapporti amorevoli perfino tra consanguinei.
Se ci vuole coraggio per scegliersi la vita, ne serve di più per decidere come destinare il tempo quando ne resta poco. Michela è diventata Morgana («una storia libera di ragazze che tua madre non approverebbe») che ha chiamato per nome il suo tumore e ha rimappato il suo passato per costituire un lascito di ideali incompiuti da realizzare.
La sua epifania è dentro l’ultimo libro «Tre ciotole». Quando queste si romperanno forse qualcuno le riparerà con l’oro, seguendo la tecnica giapponese del Kintsugi, lasciando di lei un ricordo prezioso.
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