Tentò di uccidere compagna e suocero, confermati i dieci anni
Stefania lo denunciava, poi ritirava puntualmente ogni accusa. Fino a quando si è arresa davanti all’ennesimo atto di violenza dell’uomo che amava. E che invece l’ha sempre picchiata.
«Perchè non voleva che la sua donna si allontanasse da casa. La concepiva come un oggetto in proprietà» è scritto nella sentenza di condanna a dieci anni e quattro mesi contro Lorenzo Sulas. Atto impugnato con un ricorso in Cassazione che è stato rigettato perchè ritenuto inammissibile. E così la pena diventa definitiva per l’uomo, 44 anni compiuti ad inizio anno, che il 19 gennaio del 2016 in un appartamento di via Zigliani in città, quartiere Perlasca, tenta di uccidere con un coltello la sua convivente Stefania Lombardi e ferisce gravemente il padre di lei, che perde un occhio.
Stefania ha ottenuto giustizia anche se non saprà mai come è finito il processo. Ancora prima dell’appello ha infatti perso la battaglia con una malattia grave. «Voleva ucciderla». Gli ultimi anni di vita li aveva trascorsi al fianco di un uomo che la opprimeva. «Un’oppressione - si legge in sentenza - esercitata dall’imputato che per la sua gelosia le impediva di avere normali relazioni, le controllava il telefono, le chiedeva centinaia di volte al giorno se lo avesse tradito».
Un inferno, non certo amore. Se al quadro si aggiungono anche le botte che troppe volte la donna ha subito. Un anno prima del tentato omicidio lei lo denuncia dopo aver riportato un trauma cranico guaribile in quindici giorni. L’accusa dura poco. «Mi ha detto che non mi picchierà più, ritiro la denuncia» dice una settimana più tardi.
Il due aprile dello stesso anno torna però in ospedale con due denti rotti e un grosso ematoma sul viso. Questa volta Sulas finisce in carcere. Poi esce, ma non cambia atteggiamento. Fino alla serata di tre anni fa quando impugna prima un coltello e poi le forbici e colpisce all’addome Stefania. Il padre di lei nel tentativo di difendere la figlia rimedia un colpo in faccia che compromette per sempre un occhio.
«Sulas era una furia e ha deciso deliberatamente di colpire la convivente in una zona vitale. È indubbio che se non fosse intervenuto il padre l’imputato si sarebbe ulteriormente accanito sulla convivente» è la ricostruzione dei giudici. «Quando esco vi ammazzo tutti» grida la sera del 19 gennaio 2016 mentre gli agenti di Polizia lo ammanettano e lo portano in cella dove ora sconta la condanna diventata definitiva.
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