Telefonate tra Italia e Pakistan al centro dell'inchiesta su Sana
Sull’asse Italia-Pakistan sono molte le telefonate fatte da Sana Cheema nelle ore precedenti alla sua morte. L’ultima volta il 17 aprile, poco prima del decesso.
Il numero chiamato sarebbe sempre lo stesso: quello del findanzato pakistano d’origine, ma italiano d’adozione, che vive in provincia di Brescia. Su questo elemento si concentra l’attenzione degli investigatori della Procura di Brescia, che indagano parallelamente alle autorità del Pakistan per chiarire come sia morta la venticinquenne deceduta dopo essere tornata nel suo paese natale. Lei, che non voleva sottostare al volere della famiglia, che invece aveva previsto un matrimonio combinato seguendo le tradizioni locali.
Il padre, uno zio e il fratello sono stati fermati dalla Polizia di Gujrat: su di loro pende l’accusa di omicidio e sepolutura senza autorizzazione, mentre si attendono i risultati dell'autposia disposta sul corpo della ragazza. Il fidanzato rimasto in Italia sapeva dei rischi che correva Sana Cheema in patria? E ancora: via sms ha mandato un appello disperato? Domande a cui gli inquirenti stanno cercando di rispondere. E in Pakistan, nel frattempo, il medico che ha visitato la ragazza ha dichiarato che aveva avuto solo un abbassamento di pressione e che faticava a mangiare, sintomi tipici di chi arriva dall’estero. Ma le sue condizioni generali di salute erano buone.
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