Tari, lo sconto medio a Brescia è del 6%: «Bisogna fare di più»
Fino alla fine di maggio il concetto ribadito più volte dalla Loggia era «stiamo lavorando all’azzeramento della Tari per le attività rimaste chiuse durante la quarantena». Il Comune di Brescia, cioè, intendeva cancellare la tariffa per la raccolta dei rifiuti nel periodo in cui di spazzatura non ne era stata prodotta. Due mesi e mezzo di lockdown, che alcuni esercenti bresciani avevano attuato prima del Dpcm, vista la situazione in città (hashtag #chiusiperbrescia).
La delibera approvata in giugno ha stabilito però uno sconto del 25% sulla parte variabile della tariffa, decisamente meno rispetto agli annunci. Un esempio: in un bollettino di 2.259 euro è indicata una riduzione, già compresa, di 153 euro. Se prendessimo la somma totale, la dividessimo per 12 e la moltiplicassimo per i famosi due mesi e mezzo arriveremmo a 500 euro. In pratica, una delle quattro rate previste.
Inutile dire che l’umore degli esercenti che in questi giorni stanno pagando la prima tranche è nero: d’altro canto, come sottolinea il presidente di Confcommercio Brescia, Carlo Massoletti, «le imprese non possono pagare per servizi che non sono stati svolti, questo sconto non solo ci lascia insoddisfatti, ma non lo capiamo nemmeno». Uno sconto più corposo, è il ragionamento, «avrebbe un impatto economico, ma anche psicologico, sarebbe il segno che l’amministrazione è vicina alle imprese, che invece continuano a prendere sberle ed è normale che ci sia chi si chiede "ma chi me lo fa fare"».
Dall’anno prossimo, poi, chi non paga rischia il ritiro della licenza: «È una forzatura discriminatoria, ci sono attività che non hanno bisogno della licenza del comune: con quelle come si fa? Aspetto il primo caso per fare personalmente ricorso come presidente di Confcommercio». Anche Stefano Boni, direttore generale di Confesercenti Lombardia, è netto: «Allo stato attuale gli interventi sono insufficienti. Lo sconto applicato a Brescia è di circa il 6%, mentre ci sono altre città, come Cremona, che sono arrivate al 60%». A Bergamo la riduzione è del 25% sulla tariffa complessiva, considerando la quota variabile e quella fissa: «Visto che le due città sono allineate sulla cultura, potrebbero farlo anche sulla tariffa dei rifiuti - prosegue Boni -. Non escludo che Brescia possa farlo, ma siamo qua ad aspettare e nel frattempo le imprese sono soffocate dai costi fissi. Le attività più colpite dalla Tari sono quelle della somministrazione di cibo e bevande: bisogna considerare che non c’è stato solo il lockdown, ma anche dopo la riapertura stanno producendo meno rifiuti per via della riduzione della clientela».
Alle opposizioni che lo accusavano di avere fatto troppo poco, Del Bono ha risposto ieri l’altro in Consiglio, annunciando ulteriori provvedimenti. Attualmente, spiega l’assessore al Bilancio Fabio Capra, «lo sconto per circa 17mila attività costa 750mila euro, a cui si aggiungono 200mila euro per ulteriori esercizi "misti" inizialmente non contemplati» (le informazioni per richiedere la riduzione sono sul sito del Comune). C’è poi un milione di euro «che verrà usato per un bando, confido già in agosto, per contributi alle imprese in difficoltà». Inoltre, «non escludo che nell’assestamento di bilancio di novembre ci possano essere ulteriori interventi sulla Tari, che resta comunque una delle più basse d’Italia e che non è stata aumentata».
D’altro canto, «ci rendiamo conto che il 6% è poca cosa», ma in questa fase bisognava anche tenere sotto controllo i conti del Comune, privati di 33,5 milioni di euro di minori entrate, controbilanciate da 29 milioni arrivati dallo Stato per l’emergenza, 2,3 dalla Regione e 2,2 milioni recuperati con risorse proprie dalla Loggia. Resta da vedere, a proposito di novembre, chi e come ci arriverà. In quel periodo, tra l’altro, scadrà la terza rata della Tari. Complessivamente, in città la tariffa vale 29,4 milioni di euro.
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