Superlega, una super ipocrisia

Di super è rimasta la figuraccia. Perché non è davvero immaginabile che manager di quel calibro escano allo scoperto davanti al mondo intero con un progetto che nemmeno 48 ore dopo si scioglie come neve al sole. Ma forse è proprio questo atteggiamento che ci fa capire perché il calcio, soprattutto quello italiano, è sommerso da debiti.
Perché il passo va sempre più lungo della gamba. Ormai da una vita. Ed è accaduto anche per chi domenica scorsa aveva annunciato la nascita della Super League.
Ora la Jp Morgan che avrebbe dovuto finanziare la coppa delle 12, dice: Abbiamo valutato male come questo accordo sarebbe stato visto dalla comunità calcistica». Ovvero i tifosi. E allora di super è rimasta anche l’ipocrisia. Tutti a sostenere che «il calcio è dei tifosi», ma sappiamo che è una grande bugia. Perché il calcio è delle televisioni che decidono se e quando si può giocare; è degli sponsor; è dei procuratori che arrivano a rifiutare per il loro assistito otto milioni di euro all’anno e ne vogliono quattro di più (vero Donnarumma?); è degli uomini della comunicazione che obbligano un tesserato a non dire mai quello che davvero pensa. E l’elenco è ancora lungo. Solo alla fine arriva il tifoso. Che lo sa bene e che si adatta a tutto.
Anche a seguire tra due anni, in pieno inverno, i mondiali in Qatar. Paese dove spicca tutto tranne che la meritocrazia. E dove gli stadi sono costruiti da operai trattati come schiavi. Ma nessuno ha mai detto nulla in contrario. Per i soldi o per i tifosi? Super League dell’ipocrisia.
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