Su di me di tutti i... colori è stata una sofferenza

Paolo Corsini, ora senatore, fino a 8 anni fa sindaco di Brescia, è stato al centro di diverse «bufale»
AA

Vent’anni fa non c’erano i social, ma i modi per denigrare un avversario politico si trovavano comunque. Ne sa qualcosa Paolo Corsini, oggi senatore, che nel 1998 si candidava come sindaco di Brescia, poltrona che poi ha conquistato.

A distanza di vent’anni il professor Corsini parla di quelle calunnie con il sorriso, ma resta intatta l’amarezza per quelle voci infamanti, anche perché a essere presa di mira fu la sua famiglia. E senza andare troppo per il sottile.

Professor Corsini, lei ha provato in prima persona quanto possano ferire le fake news, a essere colpiti sono stati i suoi affetti. Quali erano le voci? A essere presi di mira furono mia moglie e mio figlio. Di Laura si diceva fosse rom, una zingara, Alessandro invece era un tossicodipendente a capo del Magazzino 47. Premettendo doverosamente che per me una donna rom ha la stessa identica dignità di una italiana, chi ha diffuso questa falsità voleva polemizzare sul fronte dell’immigrazione. Peraltro anche di mio figlio si è detto che era fidanzato con una rom. Questi legami, si voleva far intendere, erano i motivi della mia attenzione per i campi nomadi. La realtà è ben diversa, sua moglie è una stimata geologa che collabora anche con pubbliche amministrazioni, mentre suo figlio, dopo essersi occupato della nazionale di sci, è oggi il medico della prima squadra dell’Inter.

Come fu possibile creare, e diffondere, quelle falsità? Mia moglie Laura ha fatto una scelta di stile ben precisa, ha sempre condotto una vita riservata senza mai apparire al mio fianco. Questo suo «non esserci», questa sobria compostezza, ha favorito la creazione di un personaggio su misura per colpirmi.

Vuole dire che i suoi avversari hanno costruito un immaginario Paolo Corsini da attaccare? La questione è semplice, serve un nemico con il quale scontrarsi, se non ci sono elementi da attaccare allora bisogna crearli. Nel mio caso, si è costruito a tavolino il fantasma del nemico, mi sono stati cuciti addosso (tramite i miei familiari) tutti quei difetti che, secondo i miei avversari, poi tornavano utili alla loro propaganda politica. Si è costruita una figura per poterla abbattere. A distanza di vent’anni dobbiamo ammettere che la macchina del fango contro di lei ha funzionato alla perfezione. Non c’è dubbio. Le faccio due esempi. Una sera un parente di mia moglie è a cena con i suoi colleghi. Tra le chiacchiere della serata spunta la questione di mia moglie, rom, appunto, secondo i commensali. Immediata la replica: «Guardate che Corsini è il marito di mia nipote».

Vuole sapere la reazione? I colleghi non ci credevano. Ancora, un’amica di Laura è una pediatra. Un giorno in studio da lei si parla della mia presunta moglie. E anche in questo caso è pronta la smentita: «Non è vero». E anche in questo caso ad essere messe in dubbio sono state la parole del medico. È incredibile. Ora lei parla di quelle calunnie con molta serenità, e ci ride anche sopra. Ma allora non sarà stato certo così. Quelle voci mi hanno creato un profondo disagio umano, soprattutto perché allora mio figlio era minorenne. Mi sentivo interpellato nei miei doveri di padre. Quelle falsità su di lui, bravissimo ragazzo come poi ha ampiamente dimostrato, mi hanno molto scosso e irritato.

E la politica come reagì? Ci fu solidarietà o si fece finta di niente? Se devo essere proprio sincero, a rattristarmi ulteriormente fu l’atteggiamento dei miei compagni di partito che restarono indifferenti, da loro non arrivò solidarietà. La solidarietà arrivò invece da esponenti di destra, e questo mi fece particolarmente piacere. Quindi le fake news non sono certo un’invenzione del tempo dei social? Direi proprio di no. Io ho sperimentato sulla mia pelle quanto dolore può arrivare dalle notizie totalmente false.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Suggeriti per te